Regia di Sebastián Borensztein vedi scheda film
Divertente road movie a km zero che rovescia il dramma in commedia
Alsina, provincia di Buenos Aires, 2001: mentre una devastante crisi economica sta per mettere in ginocchio l'Argentina, un gruppo di sconclusionati risparmiatori decide di unirsi per fondare una cooperativa: l'idea è rilanciare una vecchia impresa agricola raccimolando la somma necessaria all'acquisto dei silos. Fermin e sua moglie Lidia, convinti gli abitanti del paese a partecipare, versano tutto su un unico conto; la mattina dopo però, di quei soldi non c'è più traccia: un avvocato senza scrupoli, approfittando della situazione, ha svuotato le casse della banca e nascosto il denaro dentro una cassaforte sepolta in un terreno agricolo. La malasorte comune unirà lo sgangherato gruppo che, fra mille peripezie, proverà e recuperare il bottino protetto da un impenetrabile sistema di allarme. Sarà proprio Firmin (Ricardo Darìn), tormentato dai sensi di colpa e dal dolore per la perdita della moglie in un incidente, a trovare la soluzione per portare a termine il colpo: l'idea gli verrà riguardando una vecchia pellicola di William Wiler, Come rubare un milione e vivere felici.
Storia basata su un romanzo, a sua volta ispirato dalle traversie economiche vissute dal paese, La odisea de los giles è un film drammatico rovesciato presto e definitivamente in commedia; una specie di road movie a km zero, un viaggio avanti e indietro che diventa una fuga da una realtà insostenibile e un sogno che si realizza. Ironizzando sui disastri personali e del paese, i personaggi stralunati e pasticcioni del film chiamano spesso alla risata: le uscite di Antonio su Bakunin e il peronismo, il pescatore con la dinamite, la coppia di amici tonti che sogna un telefono cellulare (è proprio con il termine tonti che Firmin identifica se stesso e i criminali come lui).
Sebastian Borensztein, regista già noto, alle platee internazionali (“Cosa piove dal cielo”, 2011), muovendo dalla drammatica crisi vissuta dall'Argentina, dirige una favola sulla vittoria dei buoni sentimenti che, seppur con qualche concessione di troppo alla caricatura del cattivo e all'ovvio happy end, diverte e risulta particolarmente familiare e vicina al nostro (miglior) cinema.
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