Regia di Mario Amendola vedi scheda film
Un ragazzaccio si invaghisce di un’attrice di un teatrino girovago e, per conquistarla, è disposto a tutto: perfino a farsi ingaggiare dalla compagnia come attore. L’esperienza lo cambierà.
Commediola di poco spessore, questa Simpatico mascalzone, dal titolo che più vago non si potrebbe e dai contenuti che, parimenti, non spiccano in alcun modo per originalità o fantasia. A Maurizio Arena, dopo il successo di Poveri ma belli (1957) tocca interpretare il solito bullo di periferia, spaccone ma dal cuore d’oro, disposto a cambiare per amore; al suo fianco ci sono l’emergente Cathia Caro, francese di bella presenza che poco tempo dopo abbandonerà definitivamente il cinema, e uno stuolo di caratteristi – prevalentemente comici – impiegati sapientemente nei ruoli di contorno, a costituire in pratica la parte maggiormente degna di nota della pellicola: da Virgilio Riento a Enzo Garinai, da Ferruccio Amendola a Tiberio Mitri, da Toni Ucci a Carlo Campanini e Alberto Sorrentino. Il film di per sé vale pochetto, ma è comunque un’onesta rappresentazione delle potenzialità della macchina cinematografica nostrana dei quegli anni, che sfornava a raffica lavori ‘di mestiere’ come questo per il semplice intrattenimento del grande pubblico della sala. Dietro la macchina da presa, e anche a firmare la sceneggiatura, c’è infatti Mario Amendola, zio di Ferruccio e regista attivo da un decennio, con una media realizzativa di un titolo all’anno. Poco impegno, qualche risatina, un lieto fine ‘decoroso’ con il più classico dei matrimoni riparatori: inutile aspettarsi di più, d’altronde. 3,5/10.
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