Regia di Woody Allen vedi scheda film
Commedia romantica e sofistica, ennesima rivisitazione delle tematiche ed atmosfere tipicamente alleniane, a partire dall'amore incondizionato per New York, intrattiene piacevolmente con garbo e intelligenza, trovando il giusto equilibrio tra ironia e ricercatezza.
Premetto che all’inizio la quarantottesima fatica del’ottuagenario Woody Allen mi stava lasciando perplesso ed vagamente infastidito: con quei dialoghi colti e fin troppo sofisticati, un po’ pretenziosi e ultra-citazionisti, paventavo un film artificioso e irritante, intrappolato in un intellettualismo sterile e fine a stesso, con personaggi troppo lontani dalla realtà. Il fastidio però è scemato dopo l’arrivo a New York dei protagonisti, la giovane coppia (non perfettamente assortita) di universitari, entrambi rampolli di ricche famiglie, il newyorkese Gatsby (Timothée Chalamet) e la south-western Ashleigh (Elle Fanning), giunti in città dal loro campus per passare un fine settimana romantico con la scusa di un’intervista per il giornale della facoltà. Quando i due inaspettatamente vengono separati dagli eventi e seguono i rispettivi percorsi tra le strade, i musei, gli hotel della Grande Mela, ho cominciato a divertirmi e ad appassionarmi alle loro peripezie, soprattutto quelle di Ashleigh, ragazza dell’Arizona pesce fuor d’acqua nella metropoli dell’East Coast, alle prese con registi in crisi creativa (Liev Schreiber), addetti alla promozione in crisi matrimoniale (Jude Law), star messicane piacione (Diego Luna). Gatsby invece subirà il fascino della sorella di una vecchia fiamma (la cantante pop Selena Gomez) e riceverà una rivelazione sconcertante dalla volitiva madre, regina dell’alta società (Cherry Jones).
Avrete già capito, dal poco che scritto sulla trama e sull’atmosfera, che questo film non spicca certamente come un’eccezione nella filmografia dell’autore, tutt’altro: il solito protagonista intellettuale nevrotico di Manhattan alter ego del regista, la rivisitazione della commedia romantica e sofisticata, le vedute su Central Park, la colonna sonora jazz, i party dell’alta società newyorkese, l’ironia presuntuosa sugli americani dei fly-over States e l’incrollabile fede nell’unicità irripetibile della Grande Mela, superiore persino nei suoi difetti (“One thing about New York City. You are here or you are nowhere. You cannot achieve another level of anxiety, hostility or paranoia anywhere else”sentenzia Gatsby durante le sue peregrinazioni).
Però la mano dell’autore, negli ultimi anni abbastanza altalenante tra alti (Midnight In Paris, ma anche l’ultimo Wonder Wheel) e bassi (Vicky Cristina Barcelona, Café Society), stavolta, dopo aver temuto nel primo quarto d’ora essere sul punto di sprofondare, ha saputo ricreare quel giusto equilibrio tra ironia e ricercatezza che il pubblico si aspetta da un film di Woody Allen. Non siamo dalle parti dei suoi capolavori, sia ben chiaro, ma comunque Un Giorno di Pioggia a New York è da considerarsi una pellicola riuscita, che in un’ora e mezza intrattiene piacevolmente con garbo e intelligenza, oltre a risultare visivamente incantevole grazie alla splendida fotografia del nostro colossale Vittorio Storaro (bellissima la luce delle scene di pioggia col sole).
Merito anche del cast stellare, come per il regista è da sempre usuale, ma potrebbe non esserlo più in futuro (vedi prossimo capoverso), in cui ho trovato particolarmente brillante Elle Fanning nell’incarnare l’ingenuità dell’imbranata Ashleigh e, tra i ruoli di supporto, un trasformato Jude Law. Chalamet, con il suo fisico allampanato e l’aria da dandy, rende bene l’ennesima reincarnazione di un Allen con cinquantacinque anni di meno.
Tra le noti dolenti, purtroppo il film, girato nel 2017, è stato funestato da gravi vicissitudini ed è uscito con grave ritardo, a causa del rifiuto del produttore Amazon di distribuirlo, per via delle polemiche che hanno reinvestito Allen dopo l’esplosione del movimento Me Too, in relazione alla sue accuse di molestie alla figlia adottiva, risalenti agli anni 90 e da cui è già stato prosciolto in tribunale. Addirittura gli interpreti, Chalamet e Gomez in testa, hanno preso le distanze, donando i loro compensi ad associazioni che si battono contro le violenze sessuali e promettendo ai media di non lavorare mai più con Allen, che ha fatto causa alla casa di produzione. Di conseguenza, in America il film non è uscito e con grande probabilità non uscirà mai, quindi consideriamoci fortunati di poterlo vedere e speriamo che l’ostracismo non ci privi degli ultimi anni di creatività di un titano del cinema.
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