Regia di Václav Marhoul vedi scheda film
VENEZIA 76 - CONCORSO In una Europa dell'Est piegata dalle rappresaglie tedesche contro il popolo ebraico, in cui la popolazione civile si trova con le spalle al muro entro un conflitto tra i nazisti e l'armata russa, The painted bird narra la tremenda epopea per la salvezza di un bimbo affidato dai genitori in fuga ad una anziana donna di campagna. Quando costei improvvisamente muore, al bimbo non resterà che procedere da solo, andando ad affrontare una serie di incontri attraverso i quali ci viene rappresentata tutta la casistica di orrori, violenze e atrocità che in quel tremendo periodo degli anni '40, devastava un' Europa divisa e ferita da un odio senza controllo.
Fotografato in un bianco e nero raggelante, diretto con mano salda e una buona dinamica di ripresa dal regista e sceneggiatore ceco Vaclav Marhoul, tratto da un romanzo dal titolo omonimo che ebbe una gestazione ed accoglienza tribolata, ad opera di quel Jerzy Kosinski autore di Oltre il giardino (portato sullo schermo da Hal Ashby con l'ultima straordinaria interpretazione di Peter Seller), The painted bird (titolo che si riferisce all'episodio del commerciante di pennuti che dipinge le penne di un uccellino per il gusto di vederlo aggredito dal suo stormo!) finisce purtroppo per svilirsi in un percorso eccessivamente programmatico, tutto a tesi, tutto proteso a rappresentare le molteplici sfaccettature di una deriva umana da tunnel degli orrori con un unico fine cumulativo, e speculativo dei sentimenti epidermici del pubblico. Per quasi tre ore, attraverso una quindicina di capitoli contraddistinti dai nomi dei personaggi (quasi tutti negativi, se non proprio mostruosi ed aberranti), si descrive il cammino insanguinato dalla violenza che contraddistinguerà la salvezza del bambino.
Una strada durante la quale sarà costretto ad imparare a difendersi, ad attaccare per sopravvivere, a trarre dal male che subisce, la forza istintiva per resistere, indemme seppur provato da ogni tipo di esperienza e violenza, anche sessuale. Per una prima buona mezz'ora il film, ben diretto e forte del suo opportuno e stiloso bianco e nero, convince assai, merito anche della naturalezza dell'ottimo protagonista bambino. Poi, poco per volta, questa forsennata e continuata rappresentazione di una sorta di girone dantesco degli orrori, diviene, più che una urgente e sincera ulteriore testimonianza della persecuzione efferata contro la razza ebrea, una sorta di episodica, quasi compiaciuta mattanza ove sembra arrivarsi a strumentalizzare l'immane tragedia della shoah, per attizzare quell'increscioso gusto del proibito e del peccaminoso che resiste ad aizzarsi dentro ognuno di noi.
Tragedie e turpitudini di ogni genere diventano un orrorifico elenco della spesa ove lo spettatore, stordito dalla giostra degli orrori ostentata con voyeurismo a carrellata e senza ritegno, finisce per riuscire a prevedere la conclusione di ogni capitolo, provando semplicemente a ripensare alla disgrazia o all'orrore che non è ancora stato messo in scena. Siamo dalle parti, spiace ammetterlo, di una sorta di pornografia della sequenza firmata, e tutto ciò rincresce ritrovarlo in un'opera che, al di là dell'romanzo da cui è tratta, avrebbe potuto essere trasposta con un po' più di accortezza e senso della misura, non tanto per attenuare orrori reali e tristemente noti, ma per evitare di finire nella trappola di una mera rappresentazione sadica, o gratuita carrellata di orrori scanditi ad accumulo.
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