Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Disturbante e psicotico, a tratti geniale
Un film duro, difficile, violento. Il crescendo di violenza, che arriva quasi subito, avviene quasi senza accorgercene. Il primo lamento del cane morente è il preludio alla catastrofe. Il game è cominciato. I due giovani protagonisti agiscono come in un The Truman Show, strizzando l’occhio allo spettatore rivolgendosi direttamente in camera. Le loro “buone” maniere, la loro educazione, la loro morale, il loro essere petulanti, sono solo il contraltare del loro sadismo, del loro vuoto e dell’infinita violenza che sapranno scatenare. Il regista sembra voler rivolgere un j'accuse a tutti noi che troppo spesso siamo complici, nella nostra indifferenza, spesso ci facciamo distrarre da futili manierismi, dalle apparenze per non vedere il peggio che c’è alle spalle. L’occhio divertito di questi sadici, la loro totale indifferenza mentre distruggano fisicamente e psicologicamente una famiglia, danno fastidio, ma ci fanno capire quante volte siamo correi. Siamo in preda ormai al compiacimento autoreferenziale, e questi giovani guardandoci negli occhi ce lo stanno dicendo: “vi piace lo spettacolo? Allora guardatelo, In fondo è un gioco..”. Addirittura quando lo spettacolo sembra poco funzionale al racconto, c’è infatti una scena memorabile quando il tentativo di riscossa della famiglia in ostaggio viene smorzato da un riavvolgimento del nastro e i due giovani si riprendono la scena. Metafora geniale, quasi a dirci: troppo tardi, è un game e la sceneggiatura è tutta nostra e non prevediamo alcuna possibile resurrezione. Un film di difficile catalogazione, ma senza dubbio di indiscutibile qualità. Non c’è ne un inizio ne una fine, ma solo la sequela di fatti che si ripetono in modo ossessivo e violento togliendoci il fiato.
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