Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Funny Games inizia presentando allo spettatore un allegro quadretto familiare, diretto verso la propria casa sul lago, con la prospettiva di un periodo di vacanza e svago; per evadere la noia del viaggio, madre, padre e figlio si intrattengono con l’ausilio di un media, il lettore cd dell’automobile, sfidandosi ad indovinare titoli ed autori dei brani di volta in volta selezionati. Questo è il primo dei tanti "giochi divertenti" che il regista metterà in scena lungo tutto l'arco del film. Il quiz musicale ne è, in questo senso, un archetipo emblematico: intellettuale, dipendente dal rapporto tra uomo e media, sottomesso al gioco principale, quello che l'autore instaura con lo spettatore. L’armonia musicale, dettata dai gusti classici e ricercati della famigliola, viene quindi interrotta dall’aggressività dell'heavy metal e dei titoli di testa, dal rosso acceso, i quali anticipano la destabilizzante esplosione di violenza che avverrà col procedere dell'opera.
L'incipit esordisce con un colpo d'occhio dall'alto, a seguire con fatalità l'automobile dei protagonisti inoltrarsi nella boscaglia, mentre la musica classica svolge la stessa funzione di un coro tragico, annunciatore di sventura. È il punto di vista divino, del regista stesso, il quale imposta subito un discorso metatestuale, un gioco tra spettatore e media, ironicamente accennato nelle dita degli adulti, divertite a giocare con il volume dello stereo; l'extradiegetico non irrompe solamente nei titoli di testa, ma si commistiona gradualmente con il mondo diegetico, divenendo principale ponte di dialogo tra spettatore e autore, non privo di una nota ironica, permettendo così a quest'ultimo di porre il pubblico in un rapporto di complicità con i carnefici. Arrivati alla casa sul lago, i tre personaggi avvertono qualcosa di strano, soprattutto nell'atteggiamento di alcuni loro amici del posto, insolitamente schivi, trovati in compagnia di due figure bianche: si tratta di due ragazzi in tenuta da golf, i quali si presentano a casa dei protagonisti con l'intenzione, anche loro, di giocare. Vestiti di bianco e caratterizzati entrambi da uno spirito "sovrumano", immune alla morale o alla compassione, i due giovani sconosciuti calano la famiglia in un abisso infernale di privazioni e abusi, psicologici e fisici. La prima scena che introduce questa dinamica si svolge tra la cucina e il soggiorno, durante la quale uno dei due ragazzi, Peter, porta all'esasperazione la padrona di casa: la richiesta delle uova non è solo il primo passo di una precisa strategia psicologica, la quale definirà per il resto della pellicola i rapporti tra i personaggi, ma è anche la prima vera violenza messa in atto, rappresentata alla stessa maniera di quelle che seguiranno: le uova si rompono fuori campo. Il tema della fruizione della violenza si presenta nella sua assenza dall'inquadratura: ancora prima di esplicitare il concetto attraverso la voce di Paul, l'altro torturatore, Haneke mette in scena la violenza nascondendola allo spettatore, privandola del carattere intrattenente e spettacolare cucitole addosso dai media. L'unica eccezione sarà riservata alla morte di Peter, un momento inaspettato e sicuramente soddisfacente per lo spettatore, messo però di fronte alla banalizzazione che l'immagine attua sull'atto violento.
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