Regia di Cary Fukunaga vedi scheda film
Chi l'avrebbe mai detto che l'impenitente seduttore Bond sarebbe diventato un romanticone?!? Immagino che i tradizionalisti bondiani storceranno il naso di fronte a non pochi stravolgimenti dello 007 che conoscevamo, tuttavia NoTimeToDie è un'operazione riuscita dal punto di vista dell'intrattenimento e dello spettacolo, un bel congedo per Craig.
ATTENZIONE SPOILER!
Ci sono tante sorprese in questa venticinquesima incarnazione dall'agente segreto più longevo della storia del cinema: ci sono agenti patogeni che sembrano aver anticipato il contemporaneo panico globale da infezione (ma il film era già pronto prima della pandemia, che anzi ne ha congelato e rimandato l'uscita di oltre un anno); c'è per la prima volta la famiglia (!!!!) di un maturato James Bond che, andato in pensione dal servizio per l'MI6, sente le sirene della paternità; c'è meno ironia e più sentimento; c'è una nuova agente impertinente che ha “usurpato” il codice 007; e, amarus in fundo, per la prima volta assistiamo basiti nel finale alla morte dell'eterno protagonista, disposto a sacrificarsi per il bene dei propri cari. In compenso ci sono comunque alcuni grandi classici: i cattivi megalomani che ordiscono piani per mandare a puttane il mondo intero, i congegni diabolici di Q, la canzone suadente sui titoli di testa, gli inseguimenti a rotta di collo e le esplosioni devastanti, la cara e vecchia Spectre.
Non ho seguito assiduamente gli ultimi capitoli della saga, quindi posso certamente non aver compreso alcuni riferimenti alla trame dei precedenti film con Daniel Craig (chi è la ragazza la cui tomba Bond visita al cimitero di Matera?) o essere inconsapevole di un'evoluzione del protagonista già in corso da qualche tempo. Certamente a tratti ho avuto l'impressione che la pellicola che stavo guardando non appartenesse alla saga originata dalla penna di Ian Fleming: non mi aspettavo di vedere James Bond, abituato a passare con disinvoltura da un letto all'altro rigorosamente impermeabile ad ogni coinvolgimento sentimentale, diventare un romanticone! Pure la scelta di sacrificio di sé con cui conclude la sua esistenza terrena risulta un po' in contrasto con una vita che ricordavamo segnata da un certo egocentrismo e da una prospettiva sul prossimo che, se non completamente indifferente agli altri, era sempre apparsa per lo meno distaccata.
Immagino che i tradizionalisti bondiani storceranno un po' il naso di fronte a tanti stravolgimenti, tuttavia per me No Time To Die è un'operazione riuscita dal punto di vista dell'intrattenimento e dello spettacolo, che è quello che una pellicola del genere deve saper offrire.
Il regista Cary Joji Fukunaga si dimostra a suo agio nel dirigere con fluidità le scene di azione spettacolare, nello scenario mozzafiato di Matera come negli algidi laboratori londinesi, nella vecchia Cuba o nelle isole sperdute nel Nord Pacifico. Fin dall'inquietante incipit, che funziona pur senza il protagonista, il regista dimostra di saper ben maneggiare la suspense e mantenere il ritmo, il che compensa almeno in parte uno dei difetti imputabili a Fukunaga, quello di aver esagerato nel minutaggio (2 ore e 43 !), a cui aggiungerei l'essersi fatto prendere un po' la mano dal sentimentalismo in certe scene (non si va a vedere 007 per commuoversi! O sbaglio?).
Daniel Craig può dirsi soddisfatto per aver chiuso con una nota alta la sua quindicennale reggenza, confermandosi come uno degli interpreti migliori dell'intera serie, probabilmente secondo solo al mitico ed irraggiungibile Sean Connery: l'evoluzione del personaggio che diviene più maturo, più vulnerabile, più sofferente e più sfaccettato gli concede inoltre l'opportunità di toccare corde interpretative che erano precluse ai precedessori.
Anche il resto del cast dà un solido contributo. Rami Malek fa la sua gran figura come antagonista velenoso, soprattutto con la sua voce melliflua (vantaggio di aver visto il film in lingua originale sottotitolato), inserendosi a buon diritto nella prestigiosa galleria dei cattivi della serie. Léa Seydoux vanta un ruolo che supera completamente il concetto di Bond Girl, diventando vera e propria coprotagonista femminile. Bond Girl nel senso più tradizionale è Ana De Armas, che però col protagonista non ci finisce a letto, quindi è atipica pure lei. Christoph Waltz brilla nonostante la brevità della sua apparizione, come Ralph Fiennes è sempre una garanzia di qualità. E infine mi ha stupito vedere l'arabino Dali Benssalah, uno dei fratelli nella piccola commedia francese Mes frères et moi, nei panni di un villain monoculare scatenatissimo.
Si esce dalla dalla sala con una curiosità che frulla in mente: come gestiranno la “resurrezione” di James Bond nel prossimo film? Dato che ovviamente la macchina da spettacolo e da soldi non si arresta con Daniel Craig e già si dibatte su chi ne raccoglierà il testimone.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta