Regia di Cary Fukunaga vedi scheda film
AL CINEMA
"We have all the time in the world
Time enough for life to unfold
All the precious things love has in store.
We have all the love in the world
If that's all we have, you will find
We need nothing more"
Più che la blasonata nuova hit della giovane diva statunitense Billie Eilish, è la canzone - notissima e folgorante - di chiusura, che emoziona e lascia in groppo in gola in questo "ultimo" James Bond.
Ultimo in quanto ci viene esplicitato che, come nella vita lavorativa, nessuno è mai veramente indispensabile e tutti sono in qualche modo surrogabili.
Allo stesso modo un codice doppio zero come quello attribuito a Bond nei suoi decenni di onorata carriera, non ci vuole un trattato internazionale per attribuirlo ad un sostituto, come avviene appunto in questo nostalgico ma non meno adrenalinico ultimo film con Daniel Craig, No time to die.
"Madeleine hai messo al mondo la cosa più bella che abbia mai visto al mondo.
Perché viene da te".
Bond non ci ha quasi mai abituato ad entrare a fare parte di questa sua inedita sfaccettatura intima, se non forse nel lontano '69 col glorioso Al servizio segreto di Sua Maestà, con le sue nozze funestate dalla prematura scomparsa della consorte.
Qui Bond affronta il lutto che fa seguito alla scomparsa di Vesper Lynd (Eva Green) vista nel 2006 in Casinò Totale, prima avventura di Craig nel ruolo, compianta al capezzale nel cimitero più suggestivo del mondo, che si trova in quel di Matera, e durante la visita del quale l'agente subisce il primo agguato di una lunga serie, che lo induce a pensare che la sua donna Madeleine (la Léa Seydoux del penultimo Spectre) lo abbia tradito. Non solo non è così, ma la donna cela all'agente una sorpresa sensazionale, che non è appropriato rivelare in tale sede, e contemporaneamente lo coinvolge in una missione che costringe l'ormai ex agente a tornare in sella (di una moto rubata al suo nemico dall'occhio artificiale), concedendosi una rocambolesca scena d'azione (la più bella del film ed una delle più indimenticabili dell'era Craig) tra le viuzze da presepe di una Matera dalla bellezza irreale.
Il rapimento di uno scienziato innesca tutta una serie di eventi che hanno come epicentro la possibilità di estrarre da una pianta una sostanza che possa rivelarsi mortale solo per una categoria ben delineata di vittime, e legata al DNA degli interessati. Un cattivo esemplare (il premio Oscar Rami Malek), un cameo del cattivo precedente (il premio Oscar Christopher Waltz), in nuovo 007, e un finale da cardiopalma che non può lasciare il segno in coloro che con Bond hanno convissuto per decenni, nel mio caso dai primi Roger Moore in avanti.
Molte donne, alcune quintessenza del machismo applicato al corpo di donna (la nuova 007), alcune emblema della più classica ma anche un po' scanzonata femminilità (e in questo senso la splendida Ana de Armas vince su tutte le rivali).
Cary Fukunaka si rivela un valido regista ed il film dinamico e diretto molto bene, completamente nelle sue corde di responsabile di True detective-serie 1, e facendoci scordare il bruttissimo e ricattatorio Beats of no nation, presentato in Concorso a Venezia 2015. Finito uno 007, se ne farà un altro, come avviene coi papi....
Ma difficilmente la stessa regola un po' spietata potrà trasferirsi su James Bond.
L'adieu celebrato sulle note di un celebre pezzo di Louis Armstrong ne costituisce una struggente, degna e meritata cerimonia d'onore, che si estende ad un attore che - ammettiamolo - pur in gran forma e adeguatamente sex symbol, non ha mai veramente posseduto, con quel suo faccione stropicciato da crucco dall'occhio ceruleo, quel phisique du rôle che invece è stato pieno e ideale appannaggio del Bond di Pierce Brosnan.
Ma i cinque film bondiani di Craig si sono rivelati decisamente al di sopra dei quattro di Brosnan, pur baciati questi ultimi da un gran successoc pure costoro, ma più giocattoloni ed incapaci di restituirci un agente umano, talvolta fragile e per nulla indenne alle ferite e ai sanguinamenti come è stato il Bond di Daniel Craig.
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