Regia di Cary Fukunaga vedi scheda film
Fastidioso episodio di commiato, in cui non è Daniel Craig a vestire i panni di Bond, ma è l’agente segreto a vestire quelli dell’attore.
Film costruito totalmente attorno all’addio di Craig che si allontana definitivamente dal personaggio che gli ha reso fortuna, con passi e gesti funerei circondato da personaggi inconsistenti e per lo più superflui, quasi volgari nelle apparizioni fredde e forzate, accompagnando come un in corteo funebre l’ultimo cammino di un one man show che non ha più nulla da dire.
Forse è anche l’idea di un agente segreto, l’idea di Patria, di sicurezza nazionale e di persone pronte al sacrificio risulta ormai più che fiacca, anacronistica, quasi macchiettistica, soprattutto nel finale.
Probabilmente non c’è più bisogno di un Bond, o di un Ethan Hunt volendo citare Mission Impossible. La nostra è l’epoca degli antieroi, degli individualisti corrotti e mercenari che per interessi venali si trovano ad aiutare o salvare per casualità.
Il regista, che aveva dato prova più che dignitosa nella prima stagione di True Detective, si ritrova a mettere insieme testi blandi, una fotografia sinceramente brutta, di colori strasaturi e contrastati da esordi del digitale, ed un comparto di attori sacrificato e diafano, compreso Rami Malek che in scia alla serie Mr. Robot conserva un set di (in)espressioni che non hanno alcun mordente.
Unica nota di merito va data a Léa Seydoux, che con rara bellezza, eleganza e potere deduttivo riesce a scalfire la corazza del cuore di Bond.
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