Regia di Jukka-Pekka Valkeapää vedi scheda film
Juha, stimato chirurgo, ha perso la moglie in un incidente in mare. Da quel momento si è allontanato dalla realtà, inclusa in essa sua figlia quindicenne Elli. Un giorno incontra per caso una dominatrice, Mona, e scopre che lei ha esattamente ciò di cui lui ha bisogno.
Jukka-Pekka (noto anche come J-P) Valkeapää è un regista finlandese giunto alla sua terza prova nel lungometraggio con questo Dogs don’t wear pants, titolo apparentemente bizzarro, che richiama qualcosa di surreale e infantile finché non si comprende – dopo pochi minuti di visione del lavoro – che si tratta di un film sul sadomasochismo. E quindi sulla dominazione, sul concetto di padrona e schiavo, ambito nel quale la frase del titolo è solamente l’inizio di una intensa sessione di violenze e traumi durante la quale piacere e dolore si intersecano in maniera forse bizzarra, ma effettivamente razionalissima. Perché razionale è il protagonista, il chirurgo Juha, che invano tenta di salvare la moglie dall’affogamento e viene a sua volta ripescato a un passo dal soffocamento sott’acqua; e razionalmente Juha ricerca nuovamente quella sensazione poiché gli ricorda l’estremo saluto alla donna amata e a essa lo ricongiunge, nel liminare territorio fra vita e morte, fra emozione e insensibilità. Mona, la sua dominatrice, è in realtà la sua vittima, destinata a procurargli dolore – cosa che dona a lei stessa piacere – per sollevarlo dalle pene terrene quotidiane; a esso si aggiunga la paradossale situazione di un chirurgo – colui che per mestiere interviene pesantemente sui corpi altrui, per salvarli, provocando in loro cicatrici e inevitabili sofferenze – alla ricerca di qualcuno che lo punisca, che gli causi dolore per mestiere, a sua volta: la trama di Dogs don’t wear pants si infittisce di nuovi significati e giunge a una profondità psicologica inusuale per il cinema, più consona alle pagine di un romanzo. Al netto di questi pregi, la pellicola mostra egualmente alcune lacune di scrittura (il rapporto con la figlia Elli non è mai chiarito; il finale pare eccessivamente sbrigativo; l’incidente che porta Juha al pronto soccorso viene stranamente taciuto – eppure si tratta di un medico, nell’ambiente tutti dovrebbero venirlo a sapere immediatamente) che ne limitano la riuscita. Allo stesso modo va segnalata qua e là una certa compiaciuta tendenza al voyeurismo splatter. Bene a ogni modo i due protagonisti centrali, Pekka Strang e Krista Kosonen; sceneggiatura del regista e di Juhana Lumme. 5,5/10.
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