Fist Love, Takashi Miike, 2019
Per i neofiti del cinema del "ragazzaccio" di Yao, First Love potrebbe apparire come il "classico" pulp-movie ricco di strambe sequenze ma in realtà il film in esame è molto stratificato nonostante un impianto estremamente ludico.
L'inizio è subito chiarificatorio; il buon Miike ripropone la sua amatissima opening in medias res e tramite un montaggio ellittico viene immediatamente mostrato il nostro protagonista Leo, prima allenarsi poi impegnato nel bel mezzo di un incontro di box e nel momento iconico di un possibile gancio decisivo uno stacco di montaggio brusco ci trasporta di prepotenza in un vicoluzzo di Kabukich? laddove un uomo viene decapitato: il killer rimane fuori campo ma la testa del malcapitato è in bella vista con il regista pronto a richiamare alcune sue vecchie perle (da Fudoh: The New Generation a Deadly Outlaw: Rekka).
Stupiti?. Miike è un uomo onesto e vi sta avvertendo che vedrete di tutto quindi allacciatevi le cinture.
Nei minuti successivi siamo nei meandri del Miike classico ed il regista presenta i suoi personaggi, ponendo attenzione al già citato Leo (il pugile) e alla povera sventurata Monica.
Sono due outsider ai margini della società, il primo abbandonato dai genitori fin dalla nascita mentre la seconda maltrattata dal padre e poi venduta come schiava sessuale ad un'organizzazione mafiosa legata ad un clan yakuza (famiglie assenti e disfunzionali sono temi tipici di Miike).
Ed eccoci alla smitizzazione della malavita; ormai gli yazuka modello Ken Takakura di Shôwa zankyô-den, citato nel film, non esistono più, sostituiti invece da laidi criminali senza onore che uccidono a ripetizione.
Benissimo fin qui tutto bene tuttavia il nostro Miike ha una gran voglia di divertirsi e farci divertire; dunque ripesca il suo macabro umorismo alla The Happiness of the Katakuris (remake folle del bellissimo The Quiet Family di Kim Jee-won) ed ecco che uno dei criminali presenti nel film da mezza cartuccia si trasforma in sicario letale, peccato però che lui non vorrebbe uccidere nessuno (almeno con le sue mani).
Memorabile poi il lunghissimo showdown in un magazzino di ferramente dove si compie una vera e propria carneficina.
Miike sfoggia sia una perfetta gestione dello spazio scenico di hongkonghese memoria (dico solo che omaggia One-Armed Swordsman) sia una favolosa ed avvincente rotazione di montaggi incrociati paralleli e alternati con i vari soggetti atti ad ammazzarsi tra pistolettate, colpi di katane e pugni letali; il tutto condito da carrellate laterali e fugaci segmenti di camera a mano.
Non mancano momenti poetici come il finale in campo lunghissimo con l'ultimo yakuza ormai morente inseguito da marea di macchine della polizia.
PS Fantastica anche la sequenza d'animazione improvvisa, estremamente pop e fumettistica.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta