Regia di Julian Richards vedi scheda film
Fiacco e deludente horror opera di un regista ormai appiattito sullo standard di prodotti edulcorati e innocui, adatti ad un palinsesto televisivo mattiniero. Lo stesso che nel 2003 ha realizzato The last horror movie, un dimenticato thriller - arrivato anche in Italia in home video - su un serial killer maniaco della videocamera.
Il meccanico John Stone (Costas Mandylor) intrattiene una relazione con Zoe (Jemma Dallender), la figlia di primo letto della moglie morta suicida. Questo rapporto anomalo, non foss'altro per la differenza d'età, è il minore dei suoi comportamenti malati. Con il supporto di Zoe, John adesca ragazzine nei locali per poi sequestrarle e tenerle incatenate in una squallida camera dei supplizi, dove le tortura per lungo tempo. La complice, talvolta vittima dei sensi di colpa, contribuisce a far finire le agonie offrendo alle prigioniere una via di fuga: il suicidio. Questa allucinante catena di delitti andrebbe avanti parecchio se non fosse che lo sceriffo Scott (Mark Arnold) arriva a individuare la vera identità di John, nome fittizio che nasconde quello di Jason Riley, un veterano della guerra in Iraq identificato come militare autore di torture, ai danni di iracheni, nella prigione di Abu Ghraib (2003).
Una sceneggiatura agghiacciante, con una forte componente di perversa cattiveria, finisce nelle mani di Julian Richards, mediocre (ma acclamato) cineasta da tempo sulla scena, in grado di rendere innocuo e indolore il suggestivo e spaventoso soggetto. Dialoghi non banali (non attribuibili a Richards, solo coinvolto come regista), attori in ruolo e una discreta fotografia sono al servizio di una direzione statica, dal taglio televisivo e idonea per un passaggio destinato ad audience non pervenuta, ossia mattiniero e/o pomeridiano. Scene concettualmente violente finiscono per essere convertite in una edulcorata e innocua rappresentazione, così ad esempio un colpo di pistola in bocca - nel caso della seconda ragazza spinta al suicidio (Annie/Micavrie Amaia) - sembra far passare l'idea delle pallottole come fossero semplicemente caramelle "avvelenate", senza cioè pocurare - anche se sparate a bruciapelo - effetti collaterali sul viso.
Di Richards in passato era uscito doppiato in italiano e direttamente in home video il pessimo The last horror movie (2003) e già allora si restava perplessi per l'accoglienza critica internazionale del film, che si era conquistato ben 15 riconoscimenti. Qui si sta molto più bassi ma una medaglia pure Daddy's girl se l'è portata a casa. Alla luce del pessimo risultato conseguito anche con Reborn (2018) e dell'altrettanto infelice corto finito nel collettivo Deathcember (episodio "Bad Santa"), la perplessità sulle valutazioni eccessivamente accomodanti nei confronti di Richards lasciano, quantomeno, perplessi. Siamo di fronte a un regista dalla ormai lunga e ben definita carriera che pare essere troppo gradita alla critica ufficiale, molto meno invece dal pubblico. Citazione in apertura con immagini su un televisore di un vecchio film in bianco e nero, con una testa di donna parlante su un tavolo, che potrebbe (ma è da verificare) essere The head (Victor Trivas, 1959) arrivato da noi come Al di là dell'orrore. Assolutamente a tranello la locandina del film che promette la presenza di scene splatter, del tutto assenti. Presente in una valanga di festival, Daddy's girl è stato rilasciato solo due anni dopo direttamente in home video e streaming.
"I vigliacchi sono i migliori torturatori. I vigliacchi capiscono la paura e la usano." (Mark Lawrence)
F.P. 14/01/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 80'43") / Data del rilascio USA (streaming): 05/10/2020
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