Regia di Lee Won-Tae vedi scheda film
The Gangster, The Cop, The Devil, Lee Won-tae, 2019
Il celebre sceneggiatore e produttore televisivo Lee Won-tae nel 2011 decide di ampliare il proprio “business” ed esordisce dietro la macchina da presa con l’eccelso Man of Will, un prison-movie in costume sul leggendario personaggio di Kim Chang-soo (meglio noto come Kim Gu: celeberrimo leader del movimento indipendentista coreano contro l'Impero del Giappone ed in seguito convinto attivista per la riunificazione dopo il 1945, ideali che ha pagato con la vita nel 1949). Il film ha convinto senza remora e dunque il noto Lee ritorna ad impugnare la camera e questa volta sceglie un bel film di genere che ne contenga un po’ tutti, in modo tale da consolidare il suo status quo e la vecchia volpe centra ampiamente il bersaglio con The Gangster, The Cop, The Devil.
L’opera in esame parte subito in quarta rievocando tipiche atmosfere da neo-noir locali degne del miglior Na Hong-jin; quindi iniziamo con una serie di establishing shot in panoramiche dall’alto atte a mostrarci un Seul notturna invasa da luci al neon, inquadrature via via sempre più “ravvicinate” la cui attenzione è rivolta ad un’auto solitaria girovagare per la città.
La tensione sale secondo dopo secondo e la regia d’altro canto amplifica intelligentemente il tutto tra particolari sulle mani, soggettive misteriose ed inquadrature a piombo.
Signori eccovi presentato il nostro cacciatore notturno intento a scovare la sua preda.
Il suo modus operandi è molto semplice, simula un incidente tamponando leggermente un’auto (escamotage già visto nel meraviglio A Dirty Carnival di Yoo Ha) poi la vittima scende a controllare (idem il killer) e bum, scacco matto.
Ad ogni modo la messa in scena del primo omicidio è sublime. Lee Won-tae opta per un azzeccatissimo long take unito ad un movimento semi-circolare ma la particolarità sta nella parte finale poiché ad un certo punto il killer spinge la vittima all’interno della macchina di quest’ultimo per finirla con un numero esagerato di fendenti però la camera rimane al di fuori della vettura e riprende tutto creando una sorta di effetto cornice utile a drammatizzare maggiormente la situazione: il momento è concitato e spesso i due contendenti “spariscono” parzialmente dal campo visivo grazie al fuori campo interno, dato che entrambi si trovano sull’auto mentre la camera no quindi non ha una visuale poco “pulita”.
Il long take si conclude con un primo piano (camera sempre al di là dell’auto) sul volto ansimante della vittima pronto a lasciarci definitivamente.
Il long take è molto apprezzato dal regista e verrà riproposto svariate volte, impossibile ad esempio non citarvi quindi la presentazione del “boss” interpretato dal favoloso Ma Dong-seok (ormai noto come Don Lee). Il nostro caro boss è intento ad allenarsi scaricando furiosi pugni su un sacco da box; il regista lo riprende appunto usando un long take con camera a spalla, variando tra semi-soggettive ed mezze figure. Fin qui tutto bene però attenzione, all’interno del sacco da box non troviamo la solita sabbia bensì un disgraziato criminale che ha provato a fregare il nostro boss pagandone le conseguenze.
Concludiamo la carrellata dei protagonisti con il poliziotto Jung Tae-sook (il divo emergente Kim Mu-yeol). Jung ha fiuto ed è onesto, ossia l’esatto opposto dei suoi colleghi. Detto questo il nostro Jung ama le scazzottate e signori pure lui mena di brutto.
Cercando di non essere troppo prolissi, The Gangster, The Cop, The Devil è un ottimo buddy movie in salsa noir coreana distinto da una regia superlativa. Pensiamo al frangente in cui Don Lee è in ospedale e mediante un bel montaggio parallelo i suoi uomini assaltano la base del clan rivale sfasciandoli di botte: segnalo una bellissima carrellata laterale in dutch angle con gli uomini di Lee che avanzano minacciosi, seguita poi da vari long take con tanti soggetti in scena intenti a darsele di santa ragione. Sul discorso tecnico potrei continuare ma onestamente il tempo stringe.
Certamente The Gangster, The Cop, The Devil non è un capolavoro, ad esempio il background del killer, per quanto stimolante (tra passato nefasto e gusti esoterici), non convince pienamente e ricalca troppo vecchi modelli (Lee Won-tae doveva o inserire maggiori info/introspezione oppure giocare maggiormente di sottrazione stile Bong Joon-ho in Memories of murders) inoltre poco incisivo lo sguardo critico verso la società coreana (ovviamente elemento non imprescindibile ma cavallo di battaglia del genere, almeno in Corea).
Comunque nel complesso Lee Won-tae centra il bersaglio con un film di sicuro interesse grazie ad una regia spumeggiante. Da vedere.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta