Regia di Liv Ulmann vedi scheda film
Nel 1925 Anna, sposata e con tre figli, confessa allo zio sacerdote la relazione extraconiugale che da un anno porta avanti con un giovane studente. Lo zio le consiglia di rivelarla anche al marito, e così lei fa. La quiete in famiglia è finita e per di più Anna decide di continuare a vedere l’amante.
Sostanzialmente si potrebbe definire Conversazioni private una sorta di spin-off di Fanny e Alexander (1982), l’ultima pellicola cinematografica di Ingmar Bergman; ciò perché proprio quest’ultimo firma la sceneggiatura in entrambi i casi e partendo da ricordi d’infanzia: qui, messo in scena attraverso cinque dialoghi fra la protagonista e alcuni personaggi a lei correlati (lo zio sacerdote, il marito, l’amante sono i principali: la coscienza, il dovere, il piacere), si racconta lo strappo psicologico e comportamentale di una madre di famiglia che sente di dover rivelare la sua relazione adulterina con un ragazzo. Liv Ullmann è da pochi anni passata dietro alla macchina da presa (il suo esordio nel lungometraggio risale al 1992 con Sofie) e dimostra una buona padronanza dei suoi mezzi; la pellicola è leggermente più ariosa, più vivace di un kammerspiel – comunque diviso in cinque atti – e indubbiamente funzionano le scelte di casting, con Pernilla August e Max Von Sydow nei due ruoli centrali. Il ritmo è purtroppo molto basso e la lunghezza di oltre tre ore non aiuta granchè; girato per la televisione svedese, il film è uscito anche in sala con un montaggio ridotto a poco più di due ore. Contemporaneamente è uscito il romanzo di Bergman omonimo; le conversazioni private sarebbero in origine le confessioni a un sacerdote, ma il significato traslato in questo caso è piuttosto evidente. 5/10.
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