Regia di Mario Martone vedi scheda film
Antonio Barracano avrà sì e no 40 anni, barba ben curata, capelli rasati stile hipster, fisico quasi da palestrato. Antonio e la sua amata famiglia nel fine settimana stanno in una villa in cop a ‘o Vesuvio. Durante la notte due fatti avrebbero potuto turbare il suo fragile sonno: la moglie Armida è stata morsa da uno dei due cani da guardia; i giovanissimi ‘O Nait e ‘O Palummiello si sono sparati e il secondo è ferito, dunque si sono recati a Villa Barracano invece che al pronto soccorso. Qui li attendono il dott. Fabio Della Ragione, braccio destro di Antonio e il luogotenente Catiello. Estratta la pallottola dalla gamba di Palummiello, il dottore asserisce che andrebbe messa tra i reperti di Pompei per testimoniare la regressione della civiltà. Stiamo per entrare nel mondo a parte di Antonio Barracano, capoquartiere in odore di malavita “sindaco” del rione Sanità di Napoli. Ridestatosi dalle poche ore di sonno dovrà dirimere i turbamenti esistenziali del suo medico affiliato in partenza impossibile per l’America presso un fratello. I saluti affettuosi al figlio Gennarino e alla figlia Geraldina. La scelta dell’abito per affrontare una dura giornata di fatti: dalla contesa tra due cumparielli che si sparano per futili motivi ma a duvve simm ‘e arrivate! Il fatto no tiene seguito, sentenzia Antonio. L’usura feroce di Pasquale ‘o Nasone nei confronti di Vicienzo ‘O Cuozzo pure viene sistemata. Ma è la vicenda di Rafiluccio Santaniello con fidanzata incinta al seguito diseredato dal padre Arturo, facoltoso panettiere a toccare le corde più personali di Antonio.
Nell’originale di Eduardo De Filippo l’appellativo di Don marcava il territorio, il riferimento ad una sorta di capocamorra ma che in realtà non lo era. Totonno Barracano era un uomo maturo, alto, asciutto. Nella trasposizione di Mario Martone è basso, un po’ tarchiato, nerboruto senz’altro. Intatta è la sua filosofia, il senso di giustizia, la strenua difesa degli ignoranti, di coloro i quali non avendo santi in paradiso chiedono udienza a lui per risolvere piccole e grandi controversie. Il dottore è il suo contraltare tenuto “in ostaggio” da sempre per cucire pance e braccia, li divide la visone della missione: difendiamo una classe di persone che è la piaga di questa città. Mentre per Antonio sono il nettare per poter vivere e dare un senso alla loro vita, al senso di giustizia che non c’è.
Barracano è un’autorità morale che sa valutare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, aspira ad un mondo di pace, maledetta sia la guerra, dice all’adorata Geraldina, sempre ai limiti della legalità. La storia di Rafiluccio gli ricorda il passato che lo ha segnato quando era un povero capraio, umiliato e offeso dal guardiano Gioacchino. Con testimoni falsi venne scagionato dall’accusa di omicidio. E ora nel giovane disconosciuto dal padre vede la possibilità di distogliere il ragazzo dall’idea fissa dell’omicidio e al padre di riconoscerlo per dargli quello che gli spetta. Arturo Santaniello è uomo tutto d’un pezzo, un osso duro, per giunta antipatico. O lui o io non trova una sintesi. Non tutto si può sistemare, l’utopia, lo stesso potere di Barracano crolla con una semplice coltellata. Il sogno, la visione di giustizia crolla inesorabilmente davanti alla natura istintiva e selvaggia dell’uomo, dell’orgoglio cieco. Fabio Della Ragione raccoglierà l’eredità dell’amico per proseguire l’idea di un mondo con i mezzi della verità e della legalità, l’idea di un mondo meno rotondo e un poco più quadrato.
L’opera di Mario Martone, adattata alla contemporaneità nella cornice, nell’età dei personaggi, nelle musiche, mantiene la forza del testo, della parola e del ragionamento Eduardiano. “Il sindaco del rione Sanità” è notevole e segna per il regista partenopeo un ritorno prepotente al cinema delle origini dei primi tre film. L’assenza delle istituzioni è immutata, la differenza sta nei metodi spicci e brutali, pur mantenendo quell’aura di eleganza e stile nel modo di fare di Barracano. Martone conserva quei tratti alla Eduardo nel ritrarre la quotidianità con i riti della colazione, degli affetti familiari, la presenza rassicurante della governante Immacolata e quel coro prezioso di attori autoctoni. Della Ragione rispetta le spigolosità originarie ma Roberto De Francesco (confrontato con Ferruccio De Ceresa) ha tratti più umani, quasi febbrili nell’interpretare un sodale critico ma leale. Francesco Di Leva è l’eccezionale protagonista dal carisma e l’empatia giusta. Un Barracano che tiene la scena dal principio all’uscita di scena. Affronta con sicurezza il confronto con l’ispido e maiuscolo Massimiliano Gallo nei panni di Arturo Santaniello. E ancora Di Leva nel prefinale ricorda la stoicità del Frank White di Christopher Walken in “King of New York” di Abel Ferrara. Una prova d’attore e di carattere da non dimenticare.
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