Regia di Fabienne Berthaud vedi scheda film
Venezia 76 – Giornate degli autori.
Un lutto che colpisce nella sfera degli affetti più stretti, toglie le energie e modifica radicalmente il modo di approcciarsi al vivere quotidiano. Una condizione sfibrante, per curare la quale non esiste una formula matematica riportante quanto tempo debba trascorrere per ritrovare la propria strada.
Nel caso di Un monde plus grand, l’occasione propizia è rappresentata da un viaggio iniziatico, che porta alla luce una scoperta tale da cambiare le prospettive. Anche voltandosi alle spalle.
Da quando è rimasta vedova, Corine Sombrun (Cécile De France) non è più la stessa, svuotata nel tempo libero e distratta sul lavoro, al punto da preoccupare seriamente sua sorella Louise (Ludivine Sagnier).
Un primo segnale di cambiamento si manifesta durante un viaggio di lavoro in Mongolia quando, nel corso di un rito sciamano, scopre di possedere un dono speciale.
Per sfruttarlo a dovere e non rischiare di lasciarci le penne, dovrà seguire un periodo di apprendistato.
Mescolando realismo documentaristico alla finzione, il regista Fabienne Berthaud racconta la storia di Corine Sombrun, un’etnomusicologa francese che, nel corso dei suoi viaggi, scoprì il potere taumaturgico della trance, stilando svariati volumi e suscitando interesse anche in ambito accademico.
Mentre le meraviglie naturali del territorio mongolo lasciano a bocca aperta e le tradizioni locali suscitano curiosità (purtroppo, non ci si spreca), lo svolgimento procede a fiammate, dislocate con bassa densità e mediamente di breve durata.
In particolare, ha un passo da centometrista, che rallenta in corrispondenza dei riti ipnotici (completi di visioni, segnali e incontri con i morti) per poi saltellare laddove fa comodo, mentre l’intelaiatura è leggera, con una mediazione tra dramma e commedia che finisce per non premiare nessuno dei due settori.
Così, al netto di qualche frammento emozionale, come l’abbacinante incipit che immortala il trasporto della passione fisicamente andata ma non svanita nei sensi, Un monde plus grand non va molto lontano e deposita poca sostanza, punteggiandosi sugli umori della protagonista, una Cécile De France ammaccata, corrucciata e affascinante nonostante i toni dimessi.
Anemico.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta