Regia di Ildiko Enyedi vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 74 - CONCORSO
Jakob Storr è un valente capitano di un mercantile olandese, alle prese con ogni tipo di attività commerciale e di individui di ogni tipo legali al settore delle vendite. Un malore durante un viaggio lo induce a tener conto del consiglio del suo cuoco di bordo, che lo invita ad accasarsi trovandosi una moglie in grado di sopportare le sue lunghe assenze.
Per orgoglio, in un bar mentre fa affari con un losco cliente italiano, l'uomo dichiara di intendere sposare la prima donna che varcherà la soglia del locale.
Costei appare come una figura Angelica, apparentemente troppo bella per accettare quella folle proposta, ma alla fine indotta a prendere in considerazione quell'insolenza, per motivi per precisi che la lunga vicenda si prodigherà a raccontarci in quasi tre ore di durata.
Diviso in sette capitoli che non ne scalfiscono la pesantezza di fondo che ne contraddistingue lo svolgimento, il film, tratto dal romanzo del 1942 dal titolo La storia di mia moglie, di Milàn Füst, non riesce a rendere giustizia alle potenzialità espresse con la sua premiata opera precedente (l'ottimo Anima e Corpo premiato a Berlino), da parte della regista ungherese Ildiko Enyedi, che confeziona un polpettone alla Billie August incentrato su due protagonisti irrisolti anche quando sufficientemente delineati, e circondati da una accozzaglia di secondi ruoli stucchevoli e forzati che non aiutano a scalfire la pesantezza da macigno che il film si porta dietro.
Approssimativa appare anche la ricostruzione d'ambiente, con una protagonista Lea Seydoux piuttosto spenta, agghindata (e come lei anche altre donne in parti minori) con capigliature dal taglio modernissimo e sofisticato che pare assurdo poter fare risalire agli anni '20 del 900.
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