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212 Warrior

Regia di Angga Dwimas Sasongko vedi scheda film

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La recensione su 212 Warrior

di supadany
3 stelle

Far East Film Festival 21 – Udine.

A furia di provare ad attribuire un senso a tutto quanto capiti a tiro, è inevitabile imbattersi in materiale non meglio identificato. Lo osservi da tutte le angolazioni immaginabili e tenti di maneggiarlo, rimani basito e non puoi fare altro che indagare per saperne di più. Il risultato di questa ricerca potrebbe essere imprevisto, parzialmente singolare.

Nel caso di 212 warrior, si finisce risucchiati in un prodotto incomprensibile, soprattutto in riferimento ad alcuni parametri (voti elevati su piattaforme di prima fascia) e al fatto che una major come la 20th Fox vi abbia partecipato, inserendo il suo logo in capo alla pellicola.

Dopo aver visto morire i suoi genitori per mano dello spietato Mahesa Birawa (Yayan Ruhian), il piccolo Wiro (Vino G. Bastian) è stato cresciuto e addestrato all’arte marziale del Silat dall’anziana Sinto (Ruth Marini).

Una volta divenuto adulto, Wiro avrà l’occasione propizia per vendicarsi dell’accaduto, partecipando a una lunga avventura che lo vedrà affiancato dall’esagitato Bujang (Fariz Alfarazi), la guerriera Anggini (Sherina Munaf) e la principessa Bidadari (Marsha Timothy).

scena

212 Warrior (2018): scena

La sinossi di 212 warrior rammenta un ricettario universale, con stilemi comuni a svariati fantasy degli anni ’80 ed epigoni, e la parte iniziale, tra un villaggio attaccato da un’orda di barbari e un bambino addestrato per diventare un guerriero, segue fedelmente questo rodato canovaccio.

Non ci mette comunque molto tempo a gettare la maschera, rivelando un’altra identità, con lampi di demenzialità pura che si fanno sempre più insistenti. Il dominatore incontrastato in siffatto settore è il protagonista, capace di raggiungere picchi estremi d’idiozia, tra idee strampalate, smorfie inconcepibili e affermazioni lanciate nel vuoto.

Per il resto, il film diretto da Angga Dwimas Sasongko ha poco altro da trasmettere, con combattimenti ingommati e soluzioni abbozzate, offrendo il peggio in quelle rare circostanze in cui diventa (inutilmente) serio.

In buona sostanza, Il signore degli anelli incontra Ace Ventura e gli indicatori vertono irrimediabilmente verso il basso, per quanto in fondo, assunto come film comico, riservi folate sufficientemente imbarazzanti da far venire i crampi allo stomaco dalle risate.

Frettoloso, di rara assurdità.

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