Regia di Melina León vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 72 - QUINZAINE DES RÉALISATEURS Una giovane partoriente, che vive in povertà presso una casupola ai margini del mondo civile, resasi conto della difficoltà a cui andrà incontro il suo concepimento, decide di affidarsi ad una clinica specializzata in città. Siamo a fine anni '80, quando in America Latina, ed in Perù particolarmente, il commercio di infanti era un turpe costume utile a mettere in moto un fiorente commercio clandestino di adozioni, se non addirittura di traffico di organi.
A parto avvenuto, la donna viene mandata a casa ed il bambino trattenuto per supposti accertamenti. Quando il giorno seguente la donna torna col compagno a prendere il bimbo, sconcertata trova la piccola clinica chiusa, e si ritrova disperata senza bambino. Cercherà col compagno aiuti presso le forze di polizia, presso altre associazioni di volontariato, ma senza alcun esito concreto. L'unico individuo che pare minimamente prendersi cura della tragedia in capo alla donna, risulta essere uno scrupoloso giornalista omosessuale, mite ed ombroso, ma sensibile e deciso fortemente ad aiutare la donna.
Entrambi percorreranno una dolorosa via crucis di sofferenze ed umiliazioni, soggiogati e violati entrambi, ognuno nel proprio intimo, da un mondo avido e crudele che tenta di soffocare le loro indiscutibili ragioni di giustizia, con il ricatto e la subdola prepotenza prevaricatrice. La "canzone senza nome" del titolo, motivata dal tragico fatto che il nascituro risulta irrimediabilmente scomparso, finisce per divenire l'unico triste conforto di una madre privata della sua unica ragione affettiva di vita. "La cancion sin nome", che brilla di una splendida fitografia in bianco e nero che ci ricorda un po' lo stile eccelso e stiloso, ma mai gratuito, del colombiano Ciro Guerra, ma pure, per la ricercatezza formale ma contestualizzata delle splendide riprese, il Roma pluripremiato del messicano Cuaron, è una vera sorpresa del Festival e della Quinzaine 2019.
La conduzione splendida della giovane regista Melina León, ci conduce lungo una indagine che riesce a risultare incalzante anche senza rinunciare alla bellezza formale di riprese davvero mozzafiato, che ci conducono in luoghi persi chissà dove, o al contrario in anfratti popolari ad alveare ove la vita è in svendita come in un turpe mercato ove tutto può essere comprato, tranne il sentimento e la sincerità dei propri affetti e delle proprie legittime attitudini.
Il film delicato e struggente ha il merito di formare e coltivare con finezza i dettagli intimi di una coppia inconsueta, improbabile in altre circostanze, e formalmente inconciliabile per differenti motivi, che si forma e si fa forza a causa delle tragiche conseguenze del caso, disegnando, grazie ad una mirabile direzione e ad una finezza di scrittura fuori dal comune, i tratti sublimi e tormentati di due personalità orgogliose, ma oppresse dalle circostanze, dalla povertà materiale e di pensiero che regna indiscriminata in una giungla cittadina senza remore né moralità.
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