Regia di Donato Carrisi vedi scheda film
Una ragazza viene ritrovata dopo 15 anni dalla sua scomparsa. Portata in ospedale con una gamba rotta, non ricorda nulla del suo passato. Il dottor Green la aiuta così a entrare nel labirinto della sua mente, per arrivare a capire cosa le sia successo. Ma sulle tracce del suo rapitore c’è anche l’ispettore Genko, che combatte contro una grave malattia.
Di tutto, di più. Nelle due ore e pochi minuti di durata de L’uomo del labirinto succede qualsiasi cosa ci si possa immaginare e pure il suo contrario, fra ragazzine rapite, mostri della mente, ispettori in fin di vita e maniaci con la maschera da coniglio (e questo è solo l’inizio, in realtà); per la sua opera seconda in veste di regista, insomma, Donato Carrisi punta ancora più in alto di quanto – non poco – avesse fatto due anni prima per La ragazza nella nebbia. Questa volta però lo scrittore e cineasta pugliese non fa un totale buco nell’acqua, anzi: L’uomo del labirinto risulta un thriller dal discreto tasso adrenalinico diretto con sufficiente cura e confezionato in maniera sfarzosa, che raggiunge buona parte dei suoi obiettivi. Quel che non va si può invece riassumere in due punti essenziali: l’eccesso di stimoli inseriti nella storia, che si disperde rapidamente fra realtà e fantasia, e un certo senso di già visto a partire senz’altro dalle atmosfere alla Inception (Christopher Nolan, 2010) e ravvisabile anche nella dimensione spesso stereotipata dei personaggi. Sul cast naturalmente non si discute, anche perché in prima linea ci sono Valentina Bellè (già con i Taviani e Francesca Comencini), Toni Servillo e un eccelso Dustin Hoffman, 82enne che dimostra un paio di decenni di meno. Neanche a dirlo il film, con una sceneggiatura dello stesso Carrisi, viene da un romanzo del regista, omonimo e uscito nel 2017. 4,5/10.
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