Regia di Donato Carrisi vedi scheda film
l secondo film da regista del notissimo scrittore di gialli Donato Carrisi, intitolato L'uomo del labirinto, è visibile in streaming su Prime Video.
Il film, che vanta ambientazioni e cast di livello internazionale, annovera, nel suo nutrito cast, attori celebri ed apprezzati come il nostro Toni Servillo, Vinicio Marchioni, ed addirittura un divo assoluto del calibro di Dustin Hoffman.
Un giorno, in una città del mondo che ben si riconosce in sottofondo, ma che mai viene per scelta definita o specificata, una ragazza viene rapita e di lei si perdono completamente le tracce per circa quindici anni.
La giovane viene ritrovata in uno stato di semi-incoscienza, anni dopo, quando ormai è diventata donna.
Subito viene posta sotto stretta osservazione da parte di un esperto psicologo, il Dottor Green (Dustin Hoffman), che si adopera con pazienza e nervosa determinazione, a far si che la ragazza torni a ricordare almeno qualche particolare, e fornisca elementi utili a stanare il mostro che l'ha ridotta in quella condizione.
Parallelamente anche uno squinternato detective dal nome simil "giussaniano" di Genko (forse un azzardato omaggio alle Sorelle Giussani di Diabolik e dell'ispettore Ginko?), in perenne vestito di lino slabbrato e d inguardabile sandalo di pelle, si adopera a trovare una soluzione ad un caso che egli segue dal momento del rapimento, e che non è mai riuscito a risolvere.
Ma ora il tempo stringe, perché all'uomo una diagnosi medica senza speranza ha attribuito solo più due mesi di vita, a causa di un disturbo cardio-vascolare che affligge il poliziotto, riservandogli un breve avvenire.
Non è certo un caso se, come non si piò proprio fare a meno di notare, le indagini dei due uomini procedono nettamente separate, e ciò costituirà il fulcro portante dei successivi colpi di scena studiatissimi ed invero piuttosto maldestri su cui si poggia la discutibile storia.
La seconda avventura al cinema del celebre, acclamato scrittore di successo Donato Carrisi è, senza troppi ed inutili mezzi termini, una vera e propria delusione, ancor più netta della già poco incisiva e convincente prima incursione dell'autore, avvenuta con il suo esordio de "La ragazza nella nebbia", peraltro confortato da ottimi incassi ed un generale buon riscontro di pubblico.
Stavolta Carrisi cerca, con un comprensibile scatto di orgoglio, la dimensione globale, mischiando nomi e luoghi italici, con una dimensione rozzamente internazionale, come parte di un agglomerato senza identità fatto di non-luoghi, di non-abitazioni dagli arredi pacchiani ridicoli e posticci anziché inquietanti, di travestimenti pseudo lynchani ove volti sinistri di conigli dagli occhi rossi vorrebbero nascondere chissà quali misteri affascinanti e perversi.
Per non parlare dei personaggi, alcuni dei quali proprio imbarazzanti, come capita ad esempio al testimone dalla macchia sul volto, posticcia ed assurda come quasi tutto il film.
La vicenda nasconde poi un tranello puntualmente inaccettabile ed insostenibile, che si presta a qualsiasi gioco o macchinazione di sorta, ed attraverso il quale lo spericolato autore si diverte a celebrare un finale a tal punto così assurdo e forzato, da necessitare una raffica di colpi di scena per permettere di arrivare ad una pseudo conclusione.
Questa circostanza, a ripensarla dopo esser giunti alla conclusione, ovvero a giochi fatti, si poteva peraltro già intuire dal sospetto che quel distacco quasi ermetico tra i due rivoltanti ed ambigui protagonisti, non poteva essere un particolare lasciato al caso.
Gli interpreti risultano quasi tutti imbarazzati, se non imbarazzanti, con l'altrove ottimo Servillo che pare recentemente sempre più irresistibilmente attratto da personaggi-bufala che tendono a trasformarlo in qualcosa di effettato ed improponibile, ed un Hoffman che suscita solo un po' di tenerezza, soprattutto per come possa essere riuscito ad infilarsi in una simile, sventurata produzione.
La bella Valentina Bellé, in compenso, recita qui esattamente (anche come maldestro timbro vocale) come Asia Argento nei film diretti dal padre: stando così le cose, risulta ahimè superfluo aggiungere ogni altro aggettivo qualificativo alla sua performance.
E a proposito di Dario Argento, di fronte a questo sbagliato e confuso thriller che è L'uomo del labirinto, ecco che ci viene quasi da rimpiangere (sembrava impossibile!) il famigerato "Giallo" torinese, diretto nel 2009 dal celebre regista di Profondo rosso, e per molti considerato il livello più deludente del comunque notevole percorso artistico del regista romano.
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