Regia di Nicolás Rincón Gille vedi scheda film
Festa del Cinema di Roma 2019 – Selezione ufficiale.
Un padre non dovrebbe mai trovarsi a espletare l’ingrato compito di seppellire i suoi figli. Questa affermazione ha valore in condizioni di vita ordinaria ma, in contesti dilaniati dalla violenza, è tutto un altro paio di maniche.
Ad esempio, il protagonista di Tantas almas è disposto a correre qualsiasi tipo di rischio pur di ritrovare i cadaveri dei suoi figli, così da poterli seppellire evitando che le loro anime rimangano intrappolate sine die in questo triste mondo.
Colombia, 2002. Al termine di una sessione di pesca notturna, José (José Arley de Jesus Carvallido Lobo) rientra a casa e scopre che le forze paramilitari hanno ucciso i suoi due figli maschi, Dionisio e Rafael, gettandone i corpi nel fiume Magdalena.
Distrutto dalla perdita, José s’imbarca in una missione in solitario per recuperare i cadaveri dispersi nelle acque, nonostante la legge marziale lo vieti, al fine di assicurare loro una degna sepoltura.
Lungo il suo viaggio s’imbatterà in ostacoli che potrebbero porre fine alla sua vita, ma anche in chi è pronto a tendergli una mano per aiutarlo.
Tantas almas è un’opera sentita, che descriva scrupolosamente l’insicurezza vigente nella martoriata Colombia negli anni dominati dagli organi paramilitari, così come la fierezza di uomini e donne che non hanno avuto paura di fare la cosa giusta, nonostante la consapevolezza di camminare su un filo teso, soggetto alle intemperie.
Il regista Nicolàs Rincòn Gille dimostra di avere la mano ferma e impartisce un’andatura tanto lenta quanto inesorabile, fedele al flusso del fiume solcato da José. In più, non perde mai la calma, seguendo l’uomo da vicino, con la ricerca intervallata da sporadici, ma significativi, incontri.
Da quest’ultimi fuoriesce il terrore condiviso dai civili, come le persone scomparissero nel nulla senza lasciare traccia, gli atti nauseabondi di uomini collocati dalla parte del diavolo, ma anche consigli disillusi (meglio rinunciare, oggi sei vivo domani chissà) che dicono tanto, per non parlare dei (rari) gesti di affetto.
Si compone così un lungo peregrinare, impreziosito da momenti di straziante compostezza, un tragitto che forgia una feconda seduta introspettiva, con un epilogo che ha lo stesso effetto di un urlo lanciato a squarciagola, pur non proferendo parola alcuna.
Una conclusione che aggiunge un’ulteriore sfumatura e spessore senza togliere nulla del pregresso, completando un’opera integra e profonda, prima di tutto rispettosa nei confronti di chi non c’è più e di chi ogni giorno non può far altro che ricordare gli affetti ingiustamente perduti nel tempo. Non solo in Colombia.
Tenace e commovente, senza il minimo ricorso alla lacrima facile.
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