Regia di Karim Ainouz vedi scheda film
Un melodramma emotivo su un legame di sorellanza indissolubile e uno sguardo partecipato sull'ingrato ruolo della donna in una società tradizionalista e soffocante come il Brasile degli anni 50, che si solleva sopra ben al di sopra della media del genere grazie alla maestria della regia e alla cura nella ricerca estetica e formale.
VOTO: 7, 5 SU 10
Nel Brasile dei primi anni 50, Guida e Euridice sono due sorelle di famiglia conservatrice, legate da una profonda complicità. A temere improvvisamente le loro esistenze su binari separati il colpo di testa dell’impulsiva Guida, che decide di fuggire con un marinaio greco con cui ha un flirt, attraversando l’Oceano senza la benedizione della famiglia. Invece Euridice si adegua alle aspettative sociali di verginità e matrimonio convolando a nozze con Antenor. Mente la sorella è in viaggio di nozze, Guida tornerà a casa, incinta ed abbandonata dal bellimbusto, per trovarsi la porta sbattuta in faccia dal padre, che non vorrà perdonarle la “vergogna” che ha attirato su di sé con la sua condotta sconsiderata. Editto inappellabile dell'uomo,a cui anche la madre si sentirà sempre vincolata, sarà che Euridice non dovrà mai sapere del ritorno dell'amata sorella e così le due si troveranno a vivere esistenze parallele entrambe nella stessa città, Rio de Janeiro, senza incontrarsi pur cercandosi disperatamente. Guida, ribelle e turbolenta, condurrà un’esistenza ai margini della rispettabilità sociale, ospite di una vecchia prostituta che ha accolto come una seconda madre lei e il suo bambino: crudelmente ingannata a credere che la sorella si trovi a Vienna a frequentare il conservatorio, cercherà di ritrovarla attraverso innumerevoli lettere che non arriveranno mai alla destinataria. La moglie borghese Euridice, per cui cui gravidanza e maternità metteranno in forse i sogni di diventare una pianista di successo, ci proverà persino ingaggiando un investigatore privato.
Il valente regista brasiliano Karim Aïnouz, di cui avevo già apprezzato Praia do Futuro, firma un melodramma commovente ed emozionante, vincitore della sezione Un Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes. Con echi e suggestioni almodovariane e fassbinderiane e piglio femminista, il melo si incentra sul ruolo della donna in una società ancora patriarcale e regolata dalla soffocante rigidità di codici basati sull'onore e sulla vergogna che triturano l’esistenza di chi non si conforma e frustrano pure i sogni ed aspirazioni di chi cerca di costruirsi un'esistenza significativa al loro interno, manifestando qualsivoglia volontà di emancipazione, per cui sia colei che trasgredisce sia colei che prova ad adeguarsi sono entrambe destinate all’infelicità. Così se Guida viene costretta ad incarnare il personaggio della “puttana” a cui suo padre per primo l’ha condannata, Euridice, con tutta la sua ambizione e talento musicale, si trova a condurre una “vita invisibile”, non solo per la sorella che pur abitando nella stessa città non riesce a ritrovarla, ma anche perché resa invisibile dalla prigionia di un’ordine familiare in cui è costretta a subire le scelte degli uomini, il padre ed il marito. In questo arduo contesto, la resilienza e la solidarietà sono le virtù femminili che consentono la sopravvivenza e che Karim Aïnouz intende celebrare. Ambivalenteè il commento offerto sulla famiglia, da un lato culla di legami indissolubili come quello tra le sorelle, dall'altro prigione soffocante che genera infelicità; ma nel film si dice esplicitamente che la vera famiglia no n è quella del sangue, ma quella degli affetti, come l’inusuale focolare formato da Guida, suo figlio e la vecchia e generosa prostituta Filomena.
La sceneggiatura tratta dal romanzo di Martha Batalha punta sull'emozione melodrammatica non lesinando sul carico di emotività, forse a volte eccessivo, e ricalcando in maniera diligente, ma non del tutto originale, le convenzioni del genere, anche nella sezione finale, ove ho sentito più forte (troppo?) l’influenza di alcune pellicole di Almodóvar. Ma è la maestria della regia il punto di forza indiscutibile della pellicola, la cura nella ricerca estetica, la splendida fotografia dai colori caldi e tinte pastello, la scelta di un’immagine lievemente sgranata cherimanda ad un cinema del passato, una colonna sonora evocativa in cui si inseriscono brani di grandi pianisti classici (intensa l’audizione al conservatorio), l'occhio per una sapiente composizione delle inquadrature. Veramente stupenda da ogni punto di vista la scena sapientemente coreografata del quasi rincontro casuale in un ristorante.
I ruoli delle protagoniste sono affidate a Carol Duarte (Euridice) e Julia Stockler (Guida), due attrici pressoché esordienti al cinema, ma che se la cavano egregiamente. Il ruolo di Euridice da anziana è invece interpretato dalla quasi novantenne Fernanda Montenegro, gran veterana del cinema brasiliano.
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