Regia di Karim Ainouz vedi scheda film
Tratto dal romanzo di Martha Batalha Euridice Gusmão che sognava la rivoluzionepubblicato in Italia da Feltrinelli nel 2015 e best-seller in patria, il film di Karim Aïnouz è un sorprendente melodramma famigliare sviluppato dal regista nella forma del romanzo epistolare, davvero di straordinaria presa sullo spettatore. Difficile infatti sottrarsi al fascino magmatico delle due sorelle (Euridice e Guida) protagoniste della storia e, ancor di più, evitare di essere travolti emotivamente dalle vicissitudini di queste due donne divise dalla crudeltà dei loro uomini e tenute separate e lontane per tutta la loro vita da un destino beffardo e dalle drammatiche traversie delle loro fragili esistenze.
A metà strada fra Douglas Sirk e Pedro Almodovar (ma in assoluta autonomia) la pellicola è anche una interessante, profonda riflessione sul melodramma e sulla sua importanza narrativa, poiché qui sono proprio le modalità classiche del genere che aiutano il regista a rendere palpabile l’interiorità di queste due figure così ben raccontata nel romanzo attraverso l’utilizzo delle parole (che sono una peculiarità specifica della letteratura) ma così difficile da trasferire sullo schermo con la stessa intensità e chiarezza, se non si vuole essere verbosi e didascalici. Qui l’operazione è perfettamente riuscita anche in forma prettamente cinematografica, poiché i loro intimi sentimenti ci vengono fatti percepire attraverso il sapiente utilizzo dei corpi e dei loro movimenti, con l’ulteriore aiuto degli sguardi, delle espressioni dei volti, del montaggio e della composizione interna alle inquadrature, tutti elementi che Aïnouz domina con assoluta maestria e utilizza altrettanto bene rispettando (ma anche innovando perché non va mai sopra le righe ed evita ogni piccola, possibile smagliatura o caduta di ritmo - e il film dura ben oltre le due ore!) le regole canoniche fissate per il melodramma.
Il film di Aïnouz insomma, oltre ad essere un dramma potente e un vero canto d’amore fra sorelle, ha anche una valenza sociale di straordinaria rilevanza poiché è sì ambientato nel retrogrado Brasile degli anni ’50 del secolo scorso. ma quello che racconta si riverbera magistralmente anche sul presente e non solo del Brasile (che si presenta ancora ai giorni nostri più arido di affetti che torrido di clima se mi si consente questo paragone) ma del mondo intero poiché vediamo tutti anche nella stretta cerchia delle nostre conoscenze, quante sono ancora ai giorni nostri le donne alle quali vengono tarpate le ali.
Lontane anche nella classe sociale, divise fra povertà e borghesia (la loro separazione che è il cardine portante su cui si regge l’intera opera è già annunciata dalla prima scena che precede addirittura i titoli di tesa, in cui le due sorelle si perdono nei boschi fuori Rio e pur chiamandosi reciprocamente, non riescono a ritrovarsi) le due donne intraprendono così un differente percorso formativo per entrambe doloroso ma assolutamente necessario, per cercare di sfuggire al miserabile destino che altri hanno scelto per loro, ciascuna nel suo mondo (e sulla propria strada) che le vedrà comunque entrambe vittime in maniera diversa ma ugualmente disperata, di una società patriarcale dove nessun maschio (padri, mariti, datori di lavoro) è innocente (e tantomeno assolvibile) nel loro dimostrarsi incapaci di accettare le donne per quello che sono e vogliono (ma che non possono né devono pretendere di avere).
Fra tante altre cose che giustificano e spiegano le ragioni di una scelta e di una modalità di rappresentazione (quelle del regista), nel corso della presentazione a Cannes della sua opera Aïnouz ha dichiarato: “(…) Ero intenzionato a raccontare una storia di solidarietà che sottolineasse anche il fatto che siamo molto più forti insieme di quanto lo siamo da soli, indipendentemente da quanto potremmo essere diversi o compatibili. Con La vita invisibile di Euridice Gusmão, ho dunque immaginato un film dai colori molto saturi che ricordassero in qualche modo il Brasile della storia e aiutassero così ad entrare meglio dentro questo dramma. Ho tenuto poi la cinepresa sempre molto vicino ai personaggi affinché lo spettatore potesse palpitare con loro e li conoscesse sempre meglio. Per rendere ancora più chiaro il mio messaggio, ho realizzato così un’opera piena di sensualità, di musica, di dramma, di lacrime, sudore e mascara, ma anche gravida di crudeltà, violenza e sesso. Un film insomma che non ha paura di essere sentimentale, più ancora della vita stessa che volevo fosse capace di far battere all’unisono i cuori degli spettatori e quelli delle mie due amate protagoniste: Guida ed Euridice”.
Ed opportunamente, viste queste premesse che ha fedelmente mantenuto, ha poi dedicato la sua opera non solo a tutte le donne che ancora subiscono nel mondo la violenza maschile e sistemica, ma anche a tutte quelle che in qualsiasi modo e maniera, mettono in atto delle forme di resistenza (attiva o passiva non ha importanza), costi quel che costi e direi che è riuscito perfettamente nel suo intento poichè qui nessuna delle sorelle (che simboleggiano tutte le donne oppresse del pianeta terra) rimangono semplici oggetti passivi a disposizione degli uomini di turno,. Subiscono è vero, ma riescono anche a farsi testimonianza attiva di un desiderio che non si sopisce mai e tende verso il riscatto.
Ma veniamo alla storia che è ambientata nella Rio de Janeiro del 1950 (e conseguenti perché arriva a toccare persino i giorni nostri). Euridice e Guida sono due inseparabili sorelle nate e cresciute in una famiglia rigida e conservatrice. Pur costrette a vivere un’esistenza scandita dalle ferree regole imposte da un padre gentile ma autoritario, coltivano entrambe dei sogni che sperano di poter realizzare: Euridice vorrebbe diventare una pianista di successo mentre l’obbiettivo di Guida è quello di realizzarsi cercando il vero amore. Due figure praticamente complementari che pagheranno poi a caro prezzo proprio le loro ambizioni.
Quando una notte la ribelle, disubbidiente Guida al termine di una cena si finge malata per poi poter uscire furtivamente di notte per incontrare l’uomo del quale si è innamorata (un marinaio greco), Euridice l’aiuta nell’impresa ma Guida però non farà ritorno poiché deciderà seduta stante, di partire insieme all’uomo verso la Grecia per sposarsi là con lui. Rimasta in cinta, delusa da un marito che in pratica l’ha abbandonata per correre dietro a tutte le sue altre donne, non ha altra scelta che quella di ritornare in Brasile in seno alla sua famiglia. Ma la sua condizione verrà considerata scellerata e determinerà così la drastica decisione del padre (imposta anche alla madre) di ripudiare la peccatrice disonorata eliminandola persino dalla memoria della famiglia e impedendo di fatto (non entro volutamente nei dettagli) qualunque contatto con l’amata sorella.
Per Euridice, più remissiva e meno vivace, sarà invece proprio nella famiglia la sua condanna: indotta a sposare un uomo che non ama che la costringerà a rinunciare alla sua grande passione che è quella della musica e a soccombere a tutti i suoi desideri compresi quelli di natura sessuale.
Non andrà certo meglio a Guida che nella sua povertà e nelle sue peregrinazioni, dovrà ricostruirsi da zero una vita e una sua personale famiglia molto diversa da quella d’origine. Lo fa, tramite il rapporto di sorellanza che instaura con una prostituta dei bassi di Rio. e quindi costruendola su legami non biologici ma molto più solida e concreta e soprattutto molto più leale di quella naturale. (che si è dimostrata essere solo un luogo di incomprensione e di violenza).
Le due sorelle, pur vivendo nella stessa città all’insaputa l’una dell’altra, come ho già ampiamente sottolineato prima, non si incontreranno più nella loro vita (in questo, persino il caso ci metterà lo zampino) e le loro esistenze si divaricheranno sempre più anche se entrambe non perderanno mai la speranza di potersi ricongiungere.
Personali e diversi i percorsi pieni di dolorosa consapevolezza insomma ma analoghi nei risultati: entrambe affronteranno la fatica di un cammino di emancipazione molto duro e accidentato in base al quale però nessuna delle due arriverà a rinnegare i proprio sogni anche quando sono ormai svaniti e non più recuperabili.
Le realtà in cui sono costrette a vivere sono diversissime fra loro, ma entrambe restano chiuse e circoscritte dagli stessi muri e abitate dalla stessa angoscia non solo per le risposte che non arrivano mai e che sono così frustranti da rendere periclitante persino la capacità di mantenere attivo l’amore che le lega da sempre ma che piano piano il tempo ed il silenzio rischia di scardinare. Armate di picconi (simbolici) e di dignità, proveranno entrambe ad abbatterli quei muri, ma dopo che lo avranno fatto troveranno solo macerie… si aggrapperanno allora a quel poco di sentimento che ancora resta, caparbie e indomabili come sempre, immerse nella scomoda realtà di un Brasile retrogrado pieno di contraddizioni e di chiusure.
L’invisibilità (metaforica) di Euridice messa in evidenza anche dal titolo della pellicola, non è comunque derivata solo dalla non rintracciabilità dalla sorella visto che le sono state nascose le ripetute lettere che questa le ha inviato. E’ dovuta anche al fatto che non vengono mai tenute in considerazione le sue legittime aspirazioni artistiche e che al contrario le viene addirittura chiesto di abbandonare anche i sogni che nutriva costretta com’è a vivere la sottomissione erivante dal suo ruolo di moglie e madre e quindi privata della possibilità di affermare i suoi bisogni e desideri prima per le vessazioni imposte dal padre, e poi per le limitazioni (in qualche modo ugualmente impositive) messe in atto dal marito (compreso l’aspetto sessuale). Nel film infatti tutte le esperienze fatte dalle due sorelle in questo campo cosi importante nella vita di una donna, vengono rappresentate come momenti di violenza e sopraffazione, compreso quelli che riguardano la relazione matrimoniale di Euridice, rapporti ai quali la donna partecipa come puro oggetto a totale disposizione del marito.
Aïnouz non nasconde mai la natura letteraria dell'opera ma se ne rende comunque totalmente autonomo. Molto scrupoloso e preciso nel delineare le psicologie delle sue due protagoniste, come ho già scritto in apertura, ce le fa scoprire attraverso i loro sguardi e i loro pensieri attraverso i quali riusciamo a interpretare e capire i desideri, le passioni e le delusioni. A cogliere insomma il senso e la portata delle loro pesanti frustrazioni. Emerge così il panorama di un Brasile spogliato di qualsiasi fascino esotico, abitato soltanto da padri-padroni e mariti inetti e prevaricanti anche quando tentano – senza riuscirci - di essere un poco meno autoritari.
In mezzo a tanto vuoto d'amore, in mezzo ai corpi sudati, maltrattati e castrati delle femmine, emerge allora il potere invincibile e salvifico dei ricordi, o per meglio dire ancora, di quella dimensione intima e privata dove niente e nessuno potrà mai far sparire le persone che abbiamo amato davvero nonostante la loro assenza.
Esemplare nel tenere sempre in evidenza la caparbia ferita delle sue donne, The Invisible Life of Euridice Gusmão è sorretto dalle straordinarie prove di due attrici di classe superiore che rispondono ai nomi di Julia Stockler e Carol Duarte (teniamoceli bene in mente questi nomi poiché senza le loro magistrali prestazioni, il film forse non sarebbe riuscito ad essere altrettanto empatico). Concludo ricordando colonna sono e fotografia e chiudo con le parole che ha dedicato alla pellicola Claudia Catalli che condivido in toto: “(…) commuove l'amore a distanza tra queste due sorelle, narrato con grazia da un autore che non sbaglia un colpo e riesce a firmare un film poderoso, dalla struttura narrativa solida, con un'introspezione psicologica e una caratterizzazione dei personaggi affascinante e potente, senza mai rinunciare a un’estetica davvero molto raffinata”.
Un’opera dunque da non perdere che sembra sia stata (io non c’ero e lo affermo solo per sentito dire) la vera autentica folgorazione di Cannes di quest’anno (lo ha scritto Piero Bianchi su Cineforum n° 586) e meritatissima vittoria nella sezione Un Certain Regard.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta