Regia di Ahmad Ghossein vedi scheda film
Che infuri la guerra in Libano nel 2006 non è una novità. A memoria d’uomo, c’è già chi quella stessa guerra l’ha vissuta nel 1982 prima e nel 1993 dopo, portandone con sé ricordi dolorosi, odore di sangue e polvere nella pelle. Eppure bastano 24 ore di coprifuoco per riaccendere nuove speranze per riallacciare i rapporti con un padre che vede da tempo: questo è quello che spera Marwan quando, approfittando della sospensione temporanea degli attacchi, prende la sua auto e da Beirut si dirige verso sud. Il suo obiettivo è quello di ritrovare il genitore che, a capo di un partito oramai decaduto, dovrebbe trovarsi in una zona disastrata della nazione. Ad aspettarlo in città rimane la moglie Rana, preoccupata e contrariata per il viaggio.
Il cessate il fuoco in una zona di guerra è pur sempre un’utopia e Marwan lo scopre presto. Proseguendo la sua rotta, si ritrova davanti a paesaggi sempre più apocalittici, fatti di autostrade deserte, macerie e assenza di gente. I rumori dei bombardamenti si sentono da lontano e le notizie che passano alla radio non sono confortanti. Arrivato là dove crede si trovi il padre, trova il vuoto. La vita, così come tutti la conosciamo, non è più tale e il vuoto è ciò che resta di un contesto un tempo, forse, sereno. A dargli qualche incerta notizia è Najeeb, un anziano amico del padre che vive letteralmente nascosto dentro i resti della sua abitazione con un altro amico. Le bombe hanno portato via l’energia elettrica, l’acqua corrente e le ultime voglie di ribellione. Arresi a un destino che non si sono scelti, i due anziani amici sono morti anche da vivi: l’incubo dei militari è dietro l’angolo e anche la quotidianità ha smesso di essere tale. Najeeb ha notizie vaghe del padre di Marwan, un uomo che nessuno ha mai conosciuto a pieno. Il figlio stesso sa poco del genitore, del suo passato e di un legame che, seppur soffrendone l’assenza, non ha mai voluto approfondire.
La già difficile situazione si trasforma in emergenza quando, rimasto senza telefono cellulare a causa della batteria scarica e senza auto perché rubata da un gruppo di donne (“siamo donne e con dei bambini, serve più a noi”), Marwan si rende conto che la tregua non è più tale. Nella disastrata casa di Najeeb arriva anche una coppia di amici (con lei desiderosa di andar via il prima possibile) e su quel che resta del tetto dell’abitazione, mai colpita prima dai colpi, trova spazio un avamposto militare. In guerra, come si sa, tutto è concesso: far leva sui bisogni primari come cibo e acqua diventa dunque un escamotage per mietere vittime. La privazione delle più elementari necessità serve a stressare ulteriormente la psiche di chi, colpito negli affetti e nel cuore, avverte un senso di scoraggiamento senza fine. Cosa ti manca di più?, chiede Joumana, la donna arrivata come ospite con il marito a Marwan, nell’udire una preghiera venire da un minareto e la luce dare segni. Negli occhi del piccolo nucleo creatosi in casa di Najeeb si avverte quanto un conflitto possa scuotere le anime e riscrivere le vite stesse, pronte a rivedere il passato sotto nuova luce.
Altrove, Rana cerca invece di guardare al futuro. Preoccupata per Marwan, non resta con le mani in mano. Le notizie che arrivano dalla televisione o dalla radio non sono confortanti ma va oltre. Sa che deve portare a termine alcune pratiche burocratiche, come il ritiro dei passaporti utili a una prossima partenza per il Canada, la terra delle nuove opportunità. Non per questo il suo sguardo è diverso da quello del marito: il percorso in taxi tra le vie di Beirut diventa un’odissea psicologica che fa pensare a quello che è stato e mai più sarà.
All This Victory non è un film sulla guerra in quanto tale. È semmai un film sulle assenze, sulle occasioni perse e sul desiderio di ricongiungimento. Marwan desidera ritrovare il padre e capire qualcosa in più di chi è o è stato, Rana vuole solo ricongiungersi al suo amato e Joumana ritornare dalla sorella che non vede da anni. La guerra separa al pari della vita stessa con i suoi mille tunnel e labirinti. Diviene semmai nelle mani di Ghossein ulteriore ostacolo, da superare ma anche da metabolizzare. Il focolare di Najeeb si trasforma metaforicamente in un grembo materno da cui uscire per rinascere: come in parto sofferto, coloro che sopravviveranno dovranno aggrapparsi alle proprie forze per andare avanti e provare a vivere.
All This Victory - Trailer (eng) from Abbout Productions on Vimeo.
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