Regia di Emir Kusturica vedi scheda film
Un film singolare e un po’ sconclusionato che nasce come commedia, per poi trasformarsi in un dramma che lascia con l'amaro in bocca. Affronta il tema della competizione tra madre e figlia, rivelandosi grottesco in alcuni punti e sentimentale in altri.
È interessante comprendere le dinamiche psicologiche di queste due donne che, nel contendersi un ragazzo qualunque, iniziano a odiarsi a vicenda. Sono entrambe molto gelose l’una dell’altra. La madre, Elaine, è gelosa della figlia Grace, perché è più bella e più giovane, mentre la figlia è gelosa della madre che, nonostante sia più vecchia e meno attraente, riesce a sedurre tutti i ragazzi che incontrano.
In cuor suo, Grace è convinta di non riuscire a piacere mai a nessuno e sviluppa degli istinti suicidi, mentre Elaine, che ama avere relazioni con dei ragazzi, è comunque consapevole di non essere più desiderabile quanto lo era prima.
In questo garbuglio di rivalità, gelosie, frustrazioni e insicurezze, viene coinvolto Axel, un giovane uomo che alla fine scopre di amare entrambe. Il menage a trois si rivela interessante e perfino divertente, finché i protagonisti non iniziano a sembrare confusi dimostrando che in realtà, nessuno di loro sa veramente quello che vuole.
Nel complesso è un'opera cinematografica tutt’altro che scontata o banale, a tratti onirica, metaforica, introspettiva e citazionista – ci sono riferimenti ad altre pellicole cinematografiche come “Toro scatenato”, “Intrigo internazionale” e “Il padrino – Parte II).
Traccia il ritratto psicopatologico di una tipica famiglia americana (in questo caso dell'Arizona) soltanto in apparenza felice e normale, alle prese con timori infantili, sogni a occhi aperti, illusioni e avversioni verso la crescita e le responsabilità.
Emir Kusturica ha diretto questo film con uno stile visionario particolarmente suggestivo ed eccentrico, ma non ha centrato il bersaglio perché la narrazione è farraginosa e non estranea a sprazzi o momenti di noia pura, la struttura della storyline è inconsistente e i simbolismi nascosti sono un po’ deliranti.
Le ambientazioni cupe suscitano un senso di oppressione, ma se non altro la colonna sonora di Gran Bregovic si rivela gradevole.
Discreto il cast. Johnny Depp è selvaggio, divertente e irriverente. Si è calato bene nel suo ruolo. Esilaranti le scene in cui si arrabbia con la sua amante, mettendosi a gridare e a spaccare tutto. Molto brava anche Faye Dunaway, interpreta con stile e classe una donna insicura di mezza età. Deprimente invece Lili Taylor nei panni della sfigata e impacciata di turno. Peggio di lei, Vincent Gallo. È ingessato e anonimo, non ispira nessuna emozione, ma del resto, ha un ruolo piccolo. La perla, naturalmente, è Jerry Lewis, impegnato e sprecato in un ruolo minore che non ha nulla di memorabile.
Un’opera in definitiva bislacca e poco riuscita proprio come la sua morale di fondo.
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