Regia di Jan Komasa vedi scheda film
Dramma carcerario/religioso, se così si può definire, "Corpus Christi" ha fatto incetta di premi internazionali, fino a rappresentare la Polonia agli ultimi premi Oscar. Jan Komasa imbastisce un film abbastanza trattenuto, piuttosto classico, dominato dalla forza espressiva del protagonista, Bartosz Bielenia, con con quegli occhi azzurri e quel viso affilato, ha uno sguardo contemporaneamente puro, angelico, e nello stesso tempo, inquietante. Folgorato, in riformatorio, da una crisi mistica, (e, probabilmente, abusato dal prete del carcere, ma questo fa parte delle troppe cose dette/non dette della pellicola), Daniel/Bartosz, una volta ottenuta la libertà, finisce quasi casualmente in un paesino polacco di provincia, dove, pur non avendo i voti, per una circostanza fortuita, si trova a sostituire il parroco. Inventandosi prete, facendo leva solo sulla sua moralità, sulla sua visione della vita e della religione, finisce per conquistare e riunire una comunità divisa e incattivita da un terribile lutto. Tutto questo, viene raccontato bene, senza sbavature ma anche senza troppo ritmo e solo nel finale, che arriva dopo due ore troppo lunghe, c'è qualche colpo di scena, qualche svolta, qualche momento di Cinema davvero importante. Avendo per le mani un tema così denso e ricco di possibilità, mi pare che il regista polacco si sia concentrato più sulla storia che sull'approfondimento del tema della religiosità, perdendo qualcosa per strada. Rimane comunque un film solido, bello, che racconta una vicenda realmente accaduta, a quanto pare, il che lo rende interessante da vedere. Se cercate, però, qualcosa di più sperimentale, passate oltre.
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