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Corpus Christi

Regia di Jan Komasa vedi scheda film

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La recensione su Corpus Christi

di supadany
6 stelle

Venezia 76 – Giornate degli autori.

L’occasione fa l’uomo ladro. Anche a voler essere onesti, al cospetto di una situazione invitante, per giunta se capitata in un momento scandito da numerose incertezze, è quasi naturale approfittarsene e omettere la verità. I veri problemi sopraggiungono in una seconda fase, perché un bel gioco dura poco e un’eccessiva immedesimazione in una parte impropria comporta un elevato pericolo di perdere il controllo.

Del resto, per quanto attuato senza far danni, è pur sempre un imbroglio e l’inevitabile risveglio potrebbe essere particolarmente agitato.

Reduce da un periodo di reclusione in riformatorio, durante il quale ha sviluppato un’inclinazione spirituale, Daniel (Bartosz Bielenia) si dirige verso la cittadina di Drewpol per cominciare una nuova vita.

I suoi progetti cambiano quando, transitando per una piccola comunità, viene scambiato per un prete e sceglie di fermarsi, dato che le comodità non mancano.

Ne approfitterà per cercare di sanare una diatriba locale, ma dovrà anche evitare che persone provenienti dal suo passato gli rovinino la copertura.

 

Bartosz Bielenia

Corpus Christi (2019): Bartosz Bielenia

 

Jan Komasa è un eclettico regista polacco. Dopo aver diretto un dramma intimista (Suicide room) e una pellicola ambientata nella Seconda Guerra Mondiale (Warsaw 44), con Corpus Christi prende in mano una vicenda realmente accaduta per entrare in un territorio ibrido.

Tra una manciata di scatti di violenza feroce e ambientazioni grigie, dominano le situazioni paradossali, ideali per snocciolare un sostanzioso quantitativo di uscite goliardiche, ad esempio con le confessioni dei fedeli, che il prete improvvisato risolve ricorrendo a metodi alternativi.

Contemporaneamente, un paese accogliente abitato da brava gente, rivela pregiudizi radicati in profondità con annesse prese di posizione, senza scordare che c’è chi insegue secondi fini (la figura del politico non se la passa bene neppure in Polonia).

Queste peculiaritàsono governate da Jan Komasa mantenendo in equilibrio le striature comiche e drammatiche, con una farsa tanto elementare quanto coinvolgente, fondata sul classico scambio di persona,  alcune uscite dal seminato (Daniel rimane un poco di buono con abitudini poco raccomandabili e i suoi occhi tendono ad allucinarsi) e un dolore incancellabile, espresso non univocamente.

Complessivamente, Corpus Christi è una miscela sguaiata condita da argomenti vincenti, fortificata su una breve interruzione sul percorso del protagonista (per questo da scolare tutta d’un fiato), irriverente senza essere offensiva e consapevole che quanto accadrà successivamente non sarà adornato con rose e fiori bensì dal sangue.

Senza sbocchi clamorosi ma ingegnoso.

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