Trama
Daniel è un ventenne che vive una trasformazione spirituale mentre sconta la sua pena in un centro di detenzione. Daniel vorrebbe farsi prete ma questa possibilità gli è preclusa per la sua fedina penale. Uscendo dal centro di detenzione, gli è assegnato un lavoro presso un laboratorio di falegnameria in una piccola città, ma al suo arrivo, essendosi vestito da prete, viene scambiato per il parroco. La comparsa di questo giovane e carismatico predicatore diventa l'occasione per la comunità, scossa da una tragedia avvenuta qualche tempo prima, per cominciare a rimarginare le sue ferite.
Approfondimento
CORPUS CHRISTI: UN FINTO PRETE ISPIRATO A UNA STORIA VERA
Diretto da Jan Komasa e sceneggiato da Mateusz Pacewicz, Corpus Christi racconta la storia del ventenne Daniel che, dopo aver trascorso anni in una prigione di Varsavia per un violento crimine, torna in libertà e viene mandato in un remoto villaggio per lavorare come falegname. Il lavoro manuale è un modo per tenere occupato l'ex detenuto ma Daniel ha altre aspirazioni: nel corso del tempo trascorso in carcere, ha trovato la fede in Cristo e aspira a divenire sacerdote. Il suo passato criminale però rappresenta un ostacolo per la sua entrata in seminario. Quando arriva a destinazione, una bugia gli permette di essere scambiato per il nuovo sacerdote del villaggio e Daniel comincia così a guidare il suo nuovo gregge di fedeli. Sebbene non abbia alcuna formazione, la sua passione e il suo carisma divengono fonte di ispirazione per tutta la comunità. Allo stesso tempo, i suoi sermoni poco convenzionali e il suo comportamento non proprio da prete fanno sì che in alcuni compaesani sorgano sospetti e dubbi proprio mentre Daniel incappa in un oscuro segreto che nessuno ha rivelato nel confessionale.
Con la direzione della fotografia di Piotr Sobocinski Jr., le scenografie di Marek Zawierucha, i costumi di Dorota Roqueplo e le musiche di Evgueni e Sacha Galperine, Corpus Christi esplora temi come la fede, le seconde possibilità e il pentimento. Ha raccontato il regista in occasione della partecipazione al Festival di Venezia 2019 nella sezione parallela delle Giornate degli Autori: "Corpus Christi affonda le sue radici nella cronaca. Qualche tempo fa, c'è stato un caso in Polonia che ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali: un diciannovenne di nome Patryk si è finto prete per circa tre mesi. Lo sceneggiatore Mateusz Pacewicz ha tratto spunto da ciò per scrivere la storia. Ha cambiato il nome del protagonista in Daniel ma lo ha circondato di personaggi simili a quelli reali. Patryk ha celebrato matrimoni, battesimi e funerali: affascinato da tutto ciò, voleva davvero diventare un prete e la sua vicenda non aveva bisogno di molti orpelli narrativi. Pacewicz ha aggiunto però elementi di finzione, come la parte relativa al centro di detenzione minorile e la tragedia che ha sconvolto l'intera comunità. L'opinione pubblica è rimasta sconvolta dalla storia ma gran parte delle polemiche sono nate dal fatto che Patryk si è rivelato molto più efficiente del prete che lo aveva preceduto: al di fuori della Chiesa, che non fosse un vero prete non interessava a nessuno e la gente del posto era letteralmente felice del suo operato. Solo dopo alcuni di loro si sono sentiti traditi ma sono stati in pochi. Casi simili si sono verificati anche in altri posti del mondo, basti pensare che in Spagna un uomo si è finto prete per una dozzina di anni. I motivi per cui accade possono essere molto diversi ma spesso è perché il finto prete sta cercando di nascondersi dal sistema giudiziario: del resto, è più facile ingannare una piccola comunità che non pone troppe domande".
Il cast
A dirigere Corpus Christi è Jan Komasa, regista polacco. Komasa ha studiato regia alla scuola di cinema di ?ód?. Il suo cortometraggio Nice to See You, è stato presentato in concorso alla Cinefondation di Cannes, ottenendo il terzo premio. Nel 2011 ha realizzato il suo primo lungometraggio Suicide Room,… Vedi tutto
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Commenti (8) vedi tutti
Veramente notevole. Film trasudante di fede, metafora di un Dio che si fa uomo tra i più umili, tra i peccatori, tra gli ultimi. Interpretazione magnifica di Bielenia.
commento di darkglobeDiverso dai classici girati occidentali. Tempi dilatati, struttura del racconto poco lineare, finale secco ma non per questo meno interessante, anzi. Il film funziona ed il soggetto non è poi così particolare visto che viviamo in una società estremamente ipocrita e fasulla a cominciare da chi la dirige.
commento di bombo1…Mi han detto Che questa mia generazione ormai non crede In ciò che spesso han mascherato con la fede Nei miti eterni della patria o dell'eroe Perchè è venuto ormai il momento di negare Tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura… (Francesco Guccini)
leggi la recensione completa di KurtisonicDalla Polonia, il terzo lungometraggio del regista Jan Komasa che insieme allo sceneggiatore Mateus Pacewicz ha raccontato l’ambigua e affascinamte storia di un giovane delinquente, tra peccato e redenzione.
leggi la recensione completa di laulillanon poteva che essere un film polacco.
commento di kubritchDuplice e contraddittorio è il ruolo di questo novello (povero) cristo peccatore alla ricerca di una stabilità sociale che sfrutta con disinvoltura la credulità popolare ma che ha il coraggio di accentrare su di sé le pericolose responsabilità di chi fa dell'espiazione e della riconciliazione la sua consapevole missione evangelica.
leggi la recensione completa di maurizio73Il corpo di Cristo si è posato in Daniel, ed è attraverso lui che la fede prende strade incidentate. Questo sembra volerci dire Jan Komasa con questo film. Il suo "prete" oscilla tra il ragazzo di strada che cerca un riparo dalle cattive tentazioni e il devoto sincero che aspetta la definitiva illuminazione. Un buon film, ma senza squilli.
commento di Peppe Comuneè nato un nuovo Rutger Hauer. la maschera di Bartosz Bielenia buca lo schermo ogni volta che entra in scena. i numerosi cosiddetti "ppp" del suo viso operati da Komasa sono pienamente giustificati. finale niente affatto consolatorio che dona molta dignità a questa interessante opera che probabilmente sarebbe piaciuta allo Scorsese di Mean Streets.
commento di giovenosta