Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
'Arancia meccanica' - uscito nei cinema di tutto il mondo tra il 1971 e il 1972 ma 'sdoganato' in tv da noi solo nel settembre del 2007 con la riduzione del divieto dai 18 ai 14 anni - è un film che non smetterei mai di (ri)vedere.
Tratto dal romanzo di Anthony Burgess, il nono film di Kubrick è ambientato a Londra in un futuro prossimo, segnato dal degrado sociale sotto tutti i punti di vista, che all'epoca in cui uscì sembrava lontano ma forse, con gli occhi di oggi, pare sempre più vicino in maniera inquietante.
'Arancia meccanica', come del resto tutti i film del geniale cineasta newyorchese trasferitosi poi a Londra, si presta a molteplici chiavi di lettura dal punto di vista dei contenuti: in primo luogo, si può ravvisare una critica dell'autore all'istituzione per eccellenza, lo Stato, che priva i suoi cittadini del libero arbitrio, falsifica la realtà dei fatti mediante la manipolazione dei media e tratta gli individui come strumenti, oggetti per perseguire il proprio fine, che non è mai il benessere di tutti ma solo il tornaconto di una ristretta cerchia.
In secondo luogo, l'analisi delle dinamiche di potere all'interno dei vari gruppi che incontriamo nell'arco della narrazione, vale a dire i quattro Drughi capeggiati da Alex, prima e dopo 'la cura Ludovico', la famiglia dello stesso (prima e dopo), il carcere, la casa di cura, l'appartamento del signor Alexander (sempre prima e dopo), quasi tutti impostati su violenza - uno dei temi più ricorrenti di tutta la filmografia kubrickiana - sopraffazione ed inganno.
Venendo agli elementi puramente filmici ciò che mi affascina maggiormente di quest'opera epocale sono l'incredibile, inesorabile progressione narrativa, divisa nettamente in tre parti, dove nella prima vediamo le gesta di Alex e della sua gang, nella seconda il protagonista alle prese con il carcere e la cura Ludovico e la terza, nella quale si riscontra un elemento tipico ripreso dalle favole, cioè la ripetizione di fatti già avvenuti, ma con esiti e conseguenze diametralmente opposti alla prima volta.
Altro elemento peculiare è la visionarietà e la potenza delle immagini, grazie ad ardite soluzioni visive come l'uso del grandangolo che provoca un effetto straniante, dei carrelli indietro che raggiungeranno l'apoteosi nel successivo 'Barry Lyndon', dei ralenty e delle accelerazioni, all'uso in contrappunto delle musiche con ciò che viene mostrato, da Rossini a Beethoven fino a 'Singin' in the Rain', alle scenografie degli interni nonché l'utilizzo di set naturali sparsi per Londra.
Fondamentale ovviamente l'apporto di Malcolm McDowell nel ruolo che ha segnato - nel bene e nel male - tutta la sua carriera: Alex DeLarge, Alexino per l'ineffabile assistente sociale Deltoid (Aubrey Morris, ruolo breve ma memorabile), detenuto 655321 per l'urlante capo guardia (Michael Bates, anche qui basso minutaggio ma prova notevole) dai modi che lo fanno sembrare un 'parente' del sergente maggiore Hartman di 'Full Metal Jacket', il vostro beneamato come lui stesso si apostrofa in qualità di voce narrante della vicenda.
L'attore asseconda con dedizione assoluta tutte le richieste del regista, contribuisce alla creazione artistica dell'opera, canticchiando il motivetto di 'Cantando sotto la pioggia' sul set - intuizione subito usata e introdotta dal regista nella sequenza shock dello stupro della Signora Alexander - e grazie ad uno sguardo (il suo occhio, spesso in soggettiva e poi specialmente durante la cura Ludovico rappresenta una lampante metafora del cinema) e a una mimica facciale che bucano lo schermo e a una presenza scenica sensazionale, capace di passare dal registro comico-grottesco a quello drammatico con disinvoltura, offre uno dei personaggi più sfaccettati ed interessanti dell'intera storia del cinema.
Tra gli altri interpreti va certamente ricordato Patrick Magee, nella parte del sig. Alexander, vittima prima e poi quasi 'carnefice' di Alex, al quale Kubrick riserva una recitazione caratterizzata da smorfie (in una inquadratura si morde letteralmente le mani), urla e concitazione dei gesti, al polo opposto dello Chevalier de Balibari dalle maniere raffinate in 'Barry Lyndon'; Godfrey Quigley, il cappellano della prigione che si prende a cuore il caso di Alex, una specie di figura paterna (curiosamente simile a quella interpretata in 'Barry Lyndon') e tra le poche delineate in modo positivo dell'intero film; Philip Stone (anch'egli lo rivedremo sia in 'Barry Lyndon' sia in 'Shining') padre piuttosto imbelle di Alex; James Marcus, Michael Tarn e Warren Clarke nei ruoli dei Drughi.
Tra le donne vale la pena ricordare Adrienne Corri, la sig.ra Alexander vittima dello stupro 'visto' solo dagli occhi del marito, Sheila Raynor, la piagnucolosa madre di Alex e Miriam Karlin, la bellicosa signora dei gatti.
Che sia un capolavoro assoluto è, tanto per citare il capo Drugo Alex, ''Chiaro come un lago senza fango, così limpido come un cielo d'estate sempre blu''...
Voto: 10.
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