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Arancia meccanica

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Arancia meccanica

di ilcausticocinefilo
10 stelle

Quando uccidevi, favorendo il potere
I soci vitalizi del potere
Ammucchiati in discesa, a difesa della loro celebrazione
E se tu la credevi vendetta
Il fosforo di guardia segnalava la tua urgenza di potere
Mentre ti emozionavi nel ruolo più eccitante della legge
Quello che non protegge
La parte del boia
[ 1 ]

 

 

Un po’ di vecchia, sana, ultra-violenza. L’opera di Kubrick a oltre mezzo secolo di distanza ci va ancora giù pesante. Forse si sarà perso un poco dello shock – e dello scandalo – dell’epoca dell’uscita, ma Arancia meccanica resta un film di grande rilevanza e appunto forza. La violenza mostrata, che destò scalpore ai tempi, non è mai fine a sé stessa o voyueristica e quindi pornografica, ma utile allo scopo della narrazione, incentrata s’una raffigurazione allucinante di una realtà futuribile.

 

 

Malcolm McDowell, Warren Clarke, James Marcus

Arancia meccanica (1971): Malcolm McDowell, Warren Clarke, James Marcus

 

 

La chiave di lettura più immediata concerne, chiaramente, il tema della libertà di scelta e dei limiti alla “perfettibilità” dell’uomo (ammesso che esista in generale). E’ giustificabile tentare di creare “l’uomo nuovo” ricorrendo anche ai metodi più drastici al fine di privarlo della propria stessa soggettività, ridurlo ad automa? «Se veniamo privati della possibilità di scegliere tra il bene e il male perdiamo la nostra umanità?» [ 2 ].

 

Può quindi l’uomo davvero andare oltre, o certi limiti sono invalicabili – condizionati anche da fattori biologici – ed è ancor più pericoloso cercare di eliminarli invece che controllarli per quanto precariamente? L’Alex dell’inizio può essere visto, insieme ai suoi “drughi”, come una persona del tutto priva di inibizioni, «l’uomo allo stato naturale. Con la cura Ludovico [viene] civilizzato, e la malattia che ne segue può essere vista come la nevrosi imposta dalla società» [ 3 ]. Specialmente qualora detta società si arroghi il diritto di tentare di modificare l’essere umano a partire da una granitica Ideologia associabile all’imperativo “legge e ordine” sopra a tutto.

 

Per Kubrick parrebbe che l’umanità non abbia fatto grandissimi passi avanti dai tempi dei primati nostri antenati di 2001: Odissea nello spazio: ancora homo homini lupus. L’uomo che si sforza di soggiogare l’altro uomo. A ciò s’aggiunge il tentativo operato dal Potere nella forma delle più svariate Istituzioni di reprimere finanche le manifestazioni più positive di quella stessa umana natura, immancabilmente collegate alla libertà, intesa anche come libertà della creazione artistica rivendicata giustamente dal regista. Se la seconda parte con la cura Ludovico, in sintesi, solleva dubbi circa la perfettibilità dell’uomo, la terza e ultima espande il discorso all’intera società. E l’immagine finale lo chiude con sardonico cinismo.

 

 

scena

Arancia meccanica (1971): scena

 

 

Passando dal piano delle psicologia individuale alla psicologia collettiva e alle strutture organizzative della vita umana, ecco comparire un Potere che pensa di poter tenere a bada la natura umana in tutte le sue forme, “positive” o “negative”, al prezzo – ça va sans dire – del sacrificio della libertà, che è innanzitutto libero arbitrio e pensiero critico.

Nel finale Alex, prima “scarto della società”, diviene funzionale al Potere e al suo Progetto. E per ciò stesso la sua brutalità non è più esecrabile, ma anzi auspicabile al fine di edificare il nuovo Sistema. Per bizzarre associazioni d’idee questo punto, insieme di nuovo alla sarcastica immagine finale con la folla plaudente ai due lati, riporta alla memoria il monologo del prof. Fletcher di Volonté in Faccia a faccia (1967) di Sollima, con la violenza privata che è un crimine, mentre quella di massa è Storia (e viene perpetrata proprio dagli sgherri del Potere al fine della sua perpetuazione), oltreché il sempre pertinente De André del Sogno numero due citato in esergo.

 

«Sono proprio guarito» dice Alex. Adesso non è più soltanto un delinquente comune, adesso la sua violenza, la sua mancanza di freni inibitori, la sua “inciviltà” possono essere tranquillamente plaudite dalla buona società; in quanto concepite, va da sé, quali disgraziate necessità al fine della preservazione della Civiltà, del Potere, dello Stato.

In qualche misura, par d’intravedere una lezione simile a quella di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto: il tentativo di sostituire il “vecchio” Sistema con uno “nuovo”, alternativo, è destinato a produrre nuovamente il dominio d’una classe su un’altra, di una parte minoritaria della popolazione (che – come dice quello che parrebbe l’oppositore, Alexander – “deve guidare” la plebe che sennò baratterebbe volentieri la libertà per la stabilità e la sicurezza) sulla maggioranza, con relativi apparati di polizia e controllo sostenuti da schiere di fedeli servitori, intoccabili e favoriti.

 

Il film – quasi sulla scia dei vari Mosca, Pareto e Michels – si chiude su una nota di fosco pessimismo (o è meglio dire realismo?) classicamente kubrickiano circa l’inevitabilità della continua, ciclica, formazione e ri-formazione di élite, di dominanti, prima o poi destinate a crollare di fronte all’ostilità ormai incontrollabile dei dominati, solo perché il ciclo riprenda.

 

 

Malcolm McDowell

Arancia meccanica (1971): Malcolm McDowell

 

 

Se ne può uscire? Arancia meccanica non offre risposte (del resto, su questi argomenti, chi le ha davvero?) ma intanto mostra, implacabilmente, che per rimanere al proprio posto il Potere può finire per ricorrere ai mezzi più inumani, privando persino alcuni del libero arbitrio e cooptando altri all’interno delle istituzioni affinché la loro estrema violenza sia “meglio indirizzata”. Non siamo molto distanti dalle camice nere mussoliniane, gente adusa alla brutalità e all’efferatezza e per ciò stesso incline ad inculcare a suon di randellate nei crani refrattari la sottomissione all’Idea di turno e al Potere che la rappresenta. Lo stesso Kubrick, non a caso, sottolineerà in un’intervista come il governo sia alla fine indotto «ad usare i membri più crudeli e violenti della società per controllare tutti gli altri: un’idea non del tutto nuova o mai sperimentata» [ 4 ].

 

D’altronde, basterebbe la scena di Alex che viene letteralmente imboccato dal rappresentante di un governo, e per esteso di una società, corrotta e totalitaria per intuire in quale cerchia sia stato infine attratto il protagonista e in vista di quale sua utilità presente e futura.

E allora, ribadendo: se ne può uscire? L’uomo può davvero migliorare e con esso la società, oltre questa perpetua ciclicità? Arancia Meccanica non prefigura facili soluzioni ma porta ad interrogarsi a fondo su temi di eccezionale complessità grazie alla sua sola forza cinematografica [ 5 ], come unicamente i migliori capolavori sanno fare.

 

 

Malcolm McDowell, Warren Clarke, James Marcus, Paul Farrell

Arancia meccanica (1971): Malcolm McDowell, Warren Clarke, James Marcus, Paul Farrell

 

 

 

[ 1 ]  Sogno numero due, quinto brano dell’album di De André, Storia di un impiegato (1973).

[ 2 ]  M. Ciment, Kubrick, Milano, Rizzoli, 2000, p. 149.

[ 3 ]  Ibid.

[ 4 ]  Ibid.

[ 5 ]  A questo proposito, davvero impressionanti l’inventiva registica e di montaggio (tra accelerazioni [come nella sequenza della “cosa a tre”], ralenti, tagli sincopati [quando vengono inquadrate le statuette nella camera di Alex], carrellate a precedere o seguire a volte di notevole stabilità data la loro realizzazione con la cinepresa a mano anni prima che venisse ideata la steadicam [vedi la sequenza con Alex che si reca a ritirare un disco e incontra le due ragazze]).

 

 

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