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Arancia meccanica

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Arancia meccanica

di Gangs 87
9 stelle

Londa, in un incerto futuro, Alex bighelloneggia insieme ad altri tre giovani, di cui si erge a capetto. Indolente allo studio, arrogante e presuntuoso, con i suoi modi da prepotente Alex finisce per esasperare i suoi compagni di violenze che in maldestro colpo lo lasciano in balia della polizia. Finirà per barattare la sua libertà sottoponendosi alla sperimentale “Cura Ludovico” volta a debellare la violenza.

 

Non credo sia assurdo considerare Arancia Meccanica un sequel (passatemi il termine) di 2001: odissea nello spazio. Non mi dite che non notate la somiglianza tra Alex e il suo gruppo di amici con i primati che utilizzano le ossa come strumenti di violenza. Anche il riproporre alcuni degli elementi principali della precedente pellicola, lasciano ad intendere che Stanley Kubrick avesse ancora qualcosa da dire sul tema dell’uomo e della violenza. Ma non solo questo. Molti dei temi cari a Kubrick tornano in modo prepotente e sfacciato, si spogliano della maschera che indossavano nei film precedenti e si mostrano in tutta la loro orrenda e vera crudeltà.

 

Ecco allora che torna il connubio tra sesso e potere. Solo che qui il sesso non è una danza soave e allusiva intravista tra le manovre di avvicinamento di due velivoli ma piuttosto strumento di tortura. Estremo atto di un piacere perverso che reclama attenzione e necessità di mostrarsi forte intendendo quindi un’altra forma del potere, senza dubbio quella più infima.

 

Come il più moderno tra i cristi rappresentati, un cristo futurista, Alex viene tradito, imprigionato e mentalmente plagiato secondo le logiche e le necessità della società. Vittima consapevole e volontaria, quando si illude di aver ritrovato la libertà, resta impigliato in una girandola di situazioni che prima perpetrava e che poi finisce per svolgere come una via crucis necessaria ma insopportabile.

 

Attraverso le contorsioni del suo personaggio, Kubrick compie la sua (pre)visione distopica in cui evidenzia la manipolazione che la società esercita sulle convinzioni umane. Quella subdola capacità di indurre qualcuno a certe azioni facendogli credere che sono mosse da scelte personali mentre altro non sono se non il frutto di condizionamenti macchinosamente pensati e messi in atto da poteri forti e incontrastabili. L’impotenza dell’essere umano di fronte a comportamenti del genere spiazza per la sua vera attuazione, per la somiglianza con il mondo che ancora oggi ci circonda.

 

Alex, sapientemente interpretato da Malcolm McDowell, a vita segnato dalla sfacciataggine di un personaggio tanto scomodo e violento, con i suoi delicati gusti musicali, la famiglia fintamente proletaria; Alex che conduce un’esistenza mascherata di perbenismo ma animata da violenza e ribellione. Una caratterizzazione che serve quasi a volerci ricordare che non sono ne i gusti ne la cultura a condizionare il giudizio personale verso qualcuno , al contempo, non è la prevalenza dei suddetti, e di altri, elementi definibili positivi che possono intaccare il comportamento umano e condurlo in un verso piuttosto che in un altro.

 

Insomma non esistono prototipi di atteggiamenti prevalenti o combinazioni di fattori culturali capaci di identificare la natura di un individuo e solo la mente di Stanley Kubrick possedeva la capacità di riuscire a raccontarcelo attraverso uno dei film più controversi e (a suo modo) affascinanti del panorama cinefilo.

 

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