Regia di Bruno Dumont vedi scheda film
In un paesino francese Freddy, figlio della padrona dell’osteria locale, capeggia un gruppetto di adolescenti con poche, ma forti passioni: i motorini, le ragazze e la voglia di fuggire via di là. L’arrivo di un coetaneo nordafricano genera nei ragazzi una reazione violenta.
In genere l’esordio di un regista, specie in età avanzata (Dumont, classe 1958, ha qui quasi 40 anni), ha tanto da dire e rimane quantomeno memorabile; non è però il caso di L’età inquieta, titolo che per una volta ha più senso nella versione italiana che in originale (La vie de Jesus, La vita di Gesù). Aperta parentesi: di Gesù si parla solo una volta, di sfuggita, come di “quel tizio che è risorto” quando due dei protagonisti vedono un quadretto raffigurante Cristo; per il resto la parabola esistenziale di Freddy non ricorda in alcun modo quella di Gesù, né ha affinità morali con essa. Certo, L’età inquieta è senz’altro una pellicola decisamente personale, che tenta di raccontare – nella sceneggiatura dello stesso regista – un quadro d’insieme disperato e disperante, quello della gioventù di un paesino del nord francese, con evidenti intenti di critica sociale e, dal punto di vista artistico, di opera ‘generazionale’. Eppure i colpi di Dumont raramente vanno a segno (il razzismo in ascesa? L’incomunicabilità fra i sessi già in giovane età? L’irragionevole arrendevolezza alla morte degli adolescenti?) e il tentativo più basso, più bieco di lasciare un segno in qualche modo, quello perpetrato inserendo una breve sequenza pornografica del tutto gratuita, è semplicemente da dimenticare: fuori luogo, in sostanza. Gli Idioti di Lars Von Trier avevano tutte le ragioni per approdare a una simile soluzione drastica, anche se va riconosciuto che arriveranno leggermente dopo (1998) questo lavoro. L’opera seconda di Dumont, L’umanità, giungerà invece in tempi piuttosto brevi: nel 1999. 4/10.
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