Regia di Juan Pablo González vedi scheda film
Chi rimane parla di chi non c'è più. La leggenda nasce così. In mezzo al sangue che bagna la terra.
Caballerango. Cavalli e uomini. Animali che condividono un tragico destino. In un villaggio messicano la vita e la morte girano in tondo. Non riescono ad evadere da quel luogo minuscolo e sperduto, e quindi sfogano lì dentro le proprie energie: la carne muore per diventare alimento di altre esistenze, o di nuove storie da raccontare. Tanti suicidi formano il rude tessuto drammatico di un ambiente in cui non rimane altro che guardare al passato. Selvaggio è il deserto abitato dai ricordi: è la perpetuazione di una tradizione primitiva, che, per continuare, si dedica ad annientare il futuro. Il mito non vuole tramontare, per questo ha continuamente bisogno di sacrifici, che eternino l’atavica regola del sangue versato come tributo da pagare per essere parte della natura, avere un proprio ruolo nel creato. Questo documentario è il ruvido ritratto di un fatalismo impastato di terra battura dal vento, di una lotta disputata su un suolo aspro e sabbioso, dove l’eroismo è correre per un premio fatto di niente, di scommesse fra amici, di guerre di paese che si disputano per riprodurre in piccolo i grandi conflitti dell’universo. L’allevamento, la macellazione, la compravendita di corpi sezionati sono i riti primitivi che ricalcano il ritmo del ciclo vitale, nella maniera più rudimentale possibile. Il senso di appartenenza nasce dalla primitiva constatazione di essere inseriti in quell’inesorabile tutto, che domina il mondo dall’alto, consentendo ogni delitto, dispensando punizioni ad ognuno. È spiazzante, per l’umanità del nostro secolo, trovarsi di fronte una cronaca tanta accurata ed esplicita, eppure platealmente esente dalla capitale preoccupazione del perché. L’accettazione appare come una pratica ancestrale, una forma di devozione ai poteri soprannaturali a cui si deve il dono della memoria, che riempie di parole e sentimenti un tempo per il resto inerte, chiuso in un circuito senza sbocco, strangolato da un dolore che mai si estingue. La rievocazione è una forza a portata di tutti: il chiacchiericcio si fa saga, preghiera, che venera i suoi eroi come i più deboli, quelli che si sono arresi, e che pure hanno avuto il coraggio di uscire dalla prigione dei giorni senza immaginazione, per trasformarsi in autori di uno sconfinato mistero. Tutti parleranno, d’ora in poi, dell’addio che è una semplice fine, niente più che un improvviso, incomprensibile punto d’arresto, e serve solo per fare da estremo ad una narrazione che proprio da lì parte, con il suo c’era una volta che cammina a ritroso.
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