Regia di David Lynch vedi scheda film
Un sassofonista (Pullman) e sua moglie (Arquette) si vedono recapitare a più riprese alcune videocassette che ritraggono non solo gli esterni della casa dove abitano, ma persino gli interni e i due che dormono. Attivata la polizia per districare il caso, il sassofonista riceve un ulteriore nastro nel quale è filmato l'omicidio della sua compagna. Accusato di uxoricidio, finisce così in carcere, dove però dopo alcuni giorni i secondini al suo posto trovano un giovane meccanico messicano (Getty) che, una volta uscito, ingaggia una relazione clandestina con una bionda (ancora interpretata dalla Arquette), donna di un boss della malavita. Minacciati da quest'ultimo, i due amanti clandestini rischiano la vita prima che l'anello si chiuda.
Dopo le prove generali con I segreti di Twin Peaks, il cinema destrutturato, antinarrativo e labirintico di David Lynch arriva qui al suo compimento con un film carico di tensione, ipnotico, anodino, allucinato, capace di scarti improvvisi e carico di simbolismi arcani, nel quale salta anche il meccanismo-base della narrazione, quello della continuità dei soggetti. Affidato a interpreti mediocri, Strade perdute è un'opera sul tema della gelosia che sembra mettere in campo l'inconscio del protagonista. Sperimentale e intrigante, il film prepara la via a Mulholland drive, prima dello scantonamento parossistico di Inland Empire.
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