Regia di David Lynch vedi scheda film
Dissezionare l'ordinario nel cinema,il visionario Lynch si affida a questo dogma,trasportando (ci) nel limite di ogni percezione mentale. Le "Strade perdute" sono nient'altro che mondi paralleli,d'un quotidiano grigio e stanco nel quale sembra trascinarsi il sassofonista Fred.Un uomo che forse nel delirio d'un "autocontrollo" inconscio,perde se stesso per poi ritrovarsi.
E' un binomio ad effetto quello "Linchyano", vivente nella parabola esistenziale,celata dal quotidiano "ordinario",una maschera che nasconde e drammatizza l'angoscia di vivere.
Fred (ri)vive attimi di paura e orrore,proiettate da un filmino amatoriale.Il rapporto con la moglie è statico,sessualmente monotono,l'omicidio efferrato sopravviene allora come "extrema ratio",dorme dentro di lui,svegliandosi all'improvviso.E' l'insostenibilita' d'un male atavico a ricreare percio' esistenze parallele,in strade di se stessi oramai sepolte.
E' un magma visivo/esistenziale quello riprodotto dalla regia,rompendone schemi e convenzioni,adottando cosi' un perimetro fragile di comprensione.
E' un "ostracismo" registico dal tocco geniale,che riempie la storia,pullulando tra pathos e mistero.
Ecco il perche' dell'affidarsi a creature inconsce misteriose,figure spettrali ed inquietanti.Esse sono i "reggenti" del gioco "chiamato" vita.
Immersione psicanalitica dunque,piu' Junghiana che Freudiana,attraverso le onde parallele dell'animo,richiamate da riprese in primo piano,statiche,nevralgiche ed in movimento.
Lynch richiama a se fette di cinema personale,violento,visionario ed ibrido nel contempo, ammaliante nella turbolenza visiva e difficile nelle conclusioni.Le vite "parallele" hanno la loro indipendenza,scorrono e viaggiano nei dettami d'un inconscio illusorio.
Il cinema è anche questo,metafora dell'anima,indipendente,ribelle e scostante,che sopravvive per conto suo,senza nessi logici e spiegazioni.....voto 8.
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