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Birthday

Regia di Jong-eon Lee vedi scheda film

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La recensione su Birthday

di supadany
7 stelle

Far East Film Festival 21 – Udine.

Nella società contemporanea del distacco, niente avvicina maggiormente le persone di una tragedia su larga scala. Improvvisamente, un intero popolo si stringe intorno ai familiari delle vittime, i conoscenti si fanno in quattro pur di essere d’aiuto, ma poi è sempre il nucleo ristretto delle persone care a doversi confrontare con una mancanza capitale e una deviazione crudele del corso della propria vita. In casi del genere, non esistono algoritmi magici che garantiscano una rinascita completa, la sofferenza è inevitabile e ognuno ha tempi e modi di elaborazione insindacabili. L’importante è riuscire a rivedere un barlume di luce in fondo al tunnel, un sorriso tra fiumi di lacrime, un ipotetico nuovo inizio che non segreghi il passato in un cassetto e sia in grado di valorizzare ciò che rimane, perché la vita deve andare avanti, quantunque la zavorra interiore appaia insostenibile.   

Nell’aprile del 2014, il naufragio di un traghetto provocò la morte di trecento studenti in gita scolastica, sconvolgendo l’intera Corea del Sud e dilaniando di dolore coloro che si ritrovarono di punto in bianco privati di un affetto portante. Dopo qualche anno, Soon-Nam (Jeon Do-yeon) ancora non si dà pace per la prematura scomparsa di suo figlio maggiore e l’inatteso ritorno di suo marito (Sol Kyung-Gu) non ne migliora lo stato d’animo, al contrario di quanto accade con la figlia più piccola, che in breve si affeziona a quel padre mai realmente conosciuto.

Questa intrusione, accolta con fastidio, potrebbe sbloccare la situazione emotiva di Soon-Nam che, dopo tanto tempo, non è ancora riuscita a risintonizzarsi con l’ambiente circostante.

scena

Birthday (2019): scena

Per il suo esordio alla regia, la regista Lee Jong-eon, già collaboratrice stretta di Lee Chang-dong (Poetry), che ricambia il piacere assumendo il ruolo di produttore, entra nella più esemplare valle di lacrime delle confort zone, un’area d’intervento in cui il bersaglio non è così improbo da centrare, tanto più se ti ritrovi tra le mani due protagonisti epidermici.

Detto questo, la regista esordiente ha i suoi meriti, ad esempio quello di rimanere agganciata alle persone, evitare inutili spettacolarizzazioni (ad esempio, la tragedia è tenuta fuori campo e richiamata attraverso dei simboli, come il fango) e sbucciare la cipolla delle emozioni per strati, scoprendo dei nervi sensibili in ogni fase dello svolgimento.

Così facendo, imbastisce una prolungata perlustrazione del lutto, avventurandosi nella carne viva di una madre e un padre, nella sfera delle amicizie più vicine, lambendo argini che riaffiorano lungo il tragitto. Un’azione condotta fino ad approdare a un liberatorio atto conclusivo, quel momento che convoglia sulla stessa rotta tutti i pezzi precedentemente esposti, lo spezzone in cui piangerebbe anche una pietra fossile e che non dimentica di guardare finalmente oltre l’ostacolo. Una mappatura accorata e altrettanto calibrata per ottenere un coinvolgimento totale, reso ancora più toccante dai due protagonisti. Nel dettaglio, Jeon Do-yeon si presenta consumata e dimessa per poi sciorinare tutto il dolore trattenuto dal suo personaggio, mentre Sol Kyung-Gu le tiene testa, partecipando con profitto alla costituzione di duetti cementificati con sincerità e abnegazione.

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Birthday (2019): scena

Indubbiamente, Birthday è per filo e per segno il film che ti aspetteresti di vedere dopo aver letto la sinossi ed, escludendo le interpretazioni eccellenti (nella lista va aggiunta anche la bambina figlia dei protagonisti: un’arma letale in fatto di vibrazioni procurate), non ha slanci artistici degni di una menzione ad personam, ma è sufficientemente compatto e introietta una compostezza tipicamente orientale (vedi il cinema giapponese e la famiglia, da Ozu a Kore-eda). Un’impalcatura perfetta per poi liberare le scene madri, tra libri dei ricordi, rapporti da ricomporre e ferite da rimarginare, raggiungendo il punto di rugiada nel finale, con una fragranza rintracciabile solo nei momenti di rara felicità, collegati a una ritrovata serenità che non ha alcuna intenzione di accantonare chi se ne è andato troppo presto.  

Intensamente umano, fonte di una commozione a tratti incontenibile.

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