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438 Days

Regia di Jesper Ganslandt vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su 438 Days

di alan smithee
7 stelle

locandina

438 Days (2019): locandina

FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2019 - SELEZIONE UFFICIALE

Il calvario durato gli interminabili giorni che riporta in evidenza il titolo, viene riassunto nei fatti salienti che hanno portato alla cattura dei due reporter svedesi Martin Schibbye e Johan Persson, e nell'odissea processual-giudiziaria che coinvolse i due accusati e l'ambasciata del paese scandinavo, protesi a far liberare dalla carcerazione in Etiopia di due giornalisti.
Giunti clandestinamente nel paese africano con l'intento di documentare le verità che si celavano dietro una industria petrolifera locale in stretti rapporti di business con la Svezia, i due rimangono vittime di una imboscata che li vede cedere all'esercito, e poi arrestare con false accuse di terrorismo e trasporto di sostanze illecite.

Matias Varela

438 Days (2019): Matias Varela

Matias Varela, Gustaf Skarsgård

438 Days (2019): Matias Varela, Gustaf Skarsgård

Nel buon film incalzante e serrato, ma senza inutili fronzoli narrativi, anzi fedelmente aggrappato ad una narrazione di stile documentaristico, il regista Jesper Ganslandt dimostra di gestire molto bene la materia e sapere tirare ottimamente le redini di un racconto che, di fatto, per quanto suffragato da una fedele trasposizione di fatti realmente accaduti, avrebbe potuto incoraggiare soluzioni spettacolari o enfatiche che nascondessero una mossa scientemente rivolta ad accattivarsi il pubblico. 

Gustaf Skarsgård, Matias Varela

438 Days (2019): Gustaf Skarsgård, Matias Varela

Gustaf Skarsgård, Matias Varela

438 Days (2019): Gustaf Skarsgård, Matias Varela

Tutto il contrario, perché la materia rimane estremamente legata alla realtà dei fatti ampiamente documentati, e l'odissea di una prigionia dura in un ambiente ostile ed in condizioni assai precarie, della durata di quasi un anno e mezzo, si sviluppa evitando di ripercorrere sentieri già ben tracciati da opere magari anche lodevoli, ma ampiamente ricostruite a livello di fiction, tipo il pur eccellente e rocambolesco, notissimo ed amatissimo Fuga di mezzanotte di Alan Parker: qui nulla appare come frutto di tentazioni action; la realtà dei fatti è narrata senza inutile enfasi, e la storia mantiene una sua suspence genuina che rende la pellicola di oltre due ore, uno spettacolo ispirato e veloce, da cui emerge un maturo spirito di narrazione di stampo quasi documentaristico, scalfito solo da lievi incongruenze come la guarigione assai troppo svelta del fotoreporter gravemente ferito al braccio.  
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