In Echo, anzichè in una sala cinematografica sembra di entrare in una fornita galleria d'arte antica dove, i ritratti viaggiano paralleli alla visita, tanti FRESCOS giganti in movimento, in un casting magico di Vigfus Pormar Gunnarsson, come fossero tutti, tanti Mr Bean. Scenari affascinanti, spesso comici, in una parodia dell'assurdo che ricorda Beckett e altri andamenti teatrali, fanno di questo tenero film una visione gratificante e spensierata.
Il cinema di Rúnarsson tematizza spesso la distanza. Distanza che può essere emotiva, fisica, mentale. La ritroviamo anche nel suo ultimo film, che in una serie di scene brevi, caustiche senza soluzione di continuità, delle piccole parentesi tra una vita e l'altra, presenta dei destini individuali che toccano la nostra umanità universale.
Taluni vicini, altri più distanti, questi personaggi sono tutti alle prese con le loro solitudini e paure, la loro generosità, il presente e il passato. Un affresco contemporaneo ora ironico ora caustico, che fa risuonare gli interrogativi di ciascuno circa il suo posto nella società.
Tutti si preparano al Natale, momento peculiare, emozionati, eccitati, annoiati; chi solo, chi in gruppo, chi in famiglia, chi al lavoro. Vedremo che brucia una fattoria abbandonata nel mezzo alla campagna, a scuola dei bambini cantano canzoni in una recita natalizia, una nonna si approccia in salotto alla realtà virtuale, galline fanno una sfilata, pecore in una stalla si montano mentre un artista parla di sussidi ed economia, due bambine si avvicendano a suonare il piano per far colpo su un padre vero e adottivo. Echo racconta dei ritratti a volte caustici, poetici, dolci e amari della società moderna, talmente taglienti, avvicenti da lasciar a bocca aperta lo spettatore o per le risate o per lo stupore o per la rabbia di non sapere come vanno a finire tutti. Si augura il davvero il primo premio, se non altro per la sfrenata iconoclasta, aberrante fantasia.
GSS: Perche i film islandesi sono così interessanti? Ad esempio anni fa intervistai l'artista, filmmaker, musicista, attore, Ragnar Kiartsson. Nel suo film presentato in due schermi mentre sputava in faccia a sua madre, risultava troppo comico, straniante. Un capolavoro di ironia, sadismo, complicità. E' così che deve essere l'arte anche per te? Lo conosci Ragnar?
RR: Si è anche presente nel film nella scena della stalla con le pecore che si montano, mentre litiga con la fidanzata. E' attore e fa proprio il ruolo dell'artista trattato dallo Stato peggio dei contadini che prendono un sussidio economico. La vicinanza di tutte le forme d'arte è utile per lavorare bene. Inoltre l'Islanda è un'isola, siamo in pochi, ci conosciamo tutti e in qualche modo cerchiamo di aiutarci l'uno con l'altro. Facciamo cose che piacciono a tutti e ci supportiamo uno con l'atro, come ad esempio Ragnar che fa la parte dell'artista nel mio film.
GSS: quella scena è davvero fantastica, comica, da sola vale anche tutto il film. Non avevo proprio riconosciuto che era lui in stalla.
GSS: Qual'è il senso del tempo? Del tuo tempo? Tutto è molto breve, veloce, sono piccoli filmati, un pò come nei social media, in cui siamo invasi da piccoli video. Ti ha influenzato questo modo di filmare, ora che la soglia di attenzione del pubblico si è abbassata moltissimo?
RR: in realtà io sono un dinosauro, no ho le mail, non uso i messaggi. Chiamo e basta, come una volta. I social media non so cosa sono.
GSS: Si ma almeno sai che esistono o no?
RR: ride.. si si ..volevo che fossero corti a posta. Mi stufavo di scrivere storie che continuano con la tipica visione greca lunghe tesi, antitesi per cui ho tagliato corto e poi la struttura è venuta da sè.
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