Regia di Nicolas Pariser vedi scheda film
Una giovane letterata viene chiamata a soccorso del gabinetto del Sindaco di Lione, politico di lungo corso, convinto socialista, ma ormai in crisi di creatività di idee. Alice è un pesce fuor d’acqua e non sembra reggere alla pesantezza della macchina comunale e del protocollo, eppure acquista credito presso il Sindaco, procurandosi invidie e maldicenze da parte del resto dello staff…
Alice ha il volto di una giovane donna curiosa, intelligente e acuta osservatrice; come l’Alice di Carrol, sembra che viaggi attraverso le meraviglie della efficiente macchina dell’amministrazione della seconda città francese, dalla gestione dei consigli comunali alle inaugurazioni di eventi o scoperture di lapidi, scoprendo anche il brivido del contatto con i cittadini e la stampa.
La vicenda ha il merito di evocare tanti spunti di riflessione, per esempio sul piano generale ci si interroga sul significato dell’opera di governo tra pura gestione amministrativa e visione progettuale a lungo termine, in un cammino che magari travalichi anche le carriere di chi lo porta avanti; mentre poi si sofferma sul tema della ricerca del consenso e se sia più opportuno seguire la massa o tentare di guidarla; per finire sul rapporto fra intellettuali e politica, tenendo presente che “principi e filosofi” possono confrontarsi, ma ognuno svolge principalmente la sua propria vocazione.
Ma le questioni più spinose nascono dall’analisi di cosa significhi oggi essere di sinistra, nell’epoca in cui il liberismo più sfrenato sembra superato solo dal sovranismo neofascista. A un certo punto dice un personaggio: “ecco, io ascolto le enunciazioni della mia parte: sono tutte corrette, sono in sintonia con loro eppure non mi convincono più…”. E lì a ragionare sulla mancanza di mordente, di argomentazioni spuntate mentre la destra estrae brani di Orwell, di Pasolini e di Gramsci (questo ce lo aggiungo io), utilizzandole a proprio uso e consumo; sulla difficoltà di inquadrare chi sia l’avversario politico (la destra in combutta con la grande finanza, quando ora la destra estrema si dice anti-capitalista).
Insomma Pariser riesce nell’impresa di scrivere un’analisi politica che ovviamente travalica i puri confini francesi , con arguzia pungente ma empatica (non vi sono segni di satira di per sé né tantomeno di anti-politica), approfittando dello stato di grazia di due attori molto diversi fra loro, ma capaci – sia Luchini con il suo carisma maturo e affabulatorio, sia la Demoustier col suo delizioso sorriso e la profonda leggerezza del suo sguardo, a volte un po’impertinente – di dare vita a personaggi che instaurano un connubio umano che rimane saldo (dopo quel “discorso della vita” costruito a 4 mani) a prescindere dagli eventi politici successivi.
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