Regia di Claude Lelouch vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 2019 - FUORI CONCORSO Un uomo e una donna.... Cinquanta e più anni dopo. I due amanti folgorati reciprocamente dalla passione resa immortale ed inconfondibile sui ritmi suadenti e maliziosi della canzone ruffiana certo, ma opportuna e perfetta, che fa "sciabadabada'" e ha fatto la fortuna di Francis Lai, si ritrovano oggi dopo essersi conosciuti ed amati nel 1966, e ritrovati nel 1986.... sempre grazie a quel fattucchiere indefesso dei sentimenti che è Claude Lelouch.
Il tempo passa per tutti, e la vecchiaia, ora che il progresso medico riesce a portare avanti esistenze oltre i naturali limiti fisiologici previsti dall'orologio biologico di ognuno, viene da molti a ricondursi in una semplice, infinita, a volte anche poco cosciente o lucida attesa della sospirata fine. Il figlio cinquantasettenne dell'ex pilota ed assiduo amante delle belle donne Jean Louis Duroc, fa visita alla anziana, ma ancora lucida e scattante vedova con interessi Anne Gauthier, per pregarla di far visita al padre, un tempo amante, per aiutarlo a far progressi in una terapia della memoria che la clinica di lusso ove è stabilmente ricoverato, intende mettere a punto per scuoterlo da un preoccupante torpore che lo rende disinteressato ad ogni tipo di attività o distrazione.
L'incontro tra i due li conduce lungo un percorso tra ricordi, immaginazione, sogno delirante e dolcezza che fa seguito ad una passione dirompente difficile da dimenticare anche dopo mezzo secolo. Lelouch, Trintignant, Aimée, un trio di giganti che assieme sfiora i 250 anni, si riunisce finché il tempo lo permette ancora per dar vita ad un appuntamento inevitabilmente celebrativo e nostalgico, che si lascia vedere con i suoi infiniti rimandi al fortunato e bell'originale, pluripremiato proprio a Cannes e agli Oscar.
E se Lelouch e la Aimée ostentano una vitalità (e lei pure una classe) portentose ed immutate, lo stropicciatissimo Trintignant gioca invece ad invecchiarsi ulteriormente, come se già non bastassero le proprie 88 primavere, e come aveva già fatto perfidamente non molto prima con l'inquietante film di Haneke, Happy end. Tanto "amarcord" senza ritegno ma sopportabile, quasi un terzo di pellicola frutto degli estratti dai precedenti due film (soprattutto il orimo, ovviamente), Monica Bellucci che appare per i suoi soliti 2/3 minuti sufficienti a metterls nei titoli e locandina, per fare la madonna-figlia addolorata, ed ecco che il dolcetto agrodolce e vintage è sfornato.
Prevedibilità, scontatezza, melensaggini, opulenza data per scontata, ma il film si lascia affrontare senza irritare come un qualsiasi film americano sentimentale di questo genere (tranne eccezioni illustri come Sul lago dorato) avrebbe invece suscitato.
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