CINEMA OLTRECONFINE
"Il male, che non esiste, trionfa sempre"
Un anziano latifondista immobilizzato a letto, mette a disposizione la propria tenuta di campagna immersa nella immensa campagna russa, ad un piccolo gruppo di amici intellettuali, tra cui si mettono in evidenza un brillante politico, una contessa, un generale e la di lui consorte, ed una bella giovane di nobile famiglia.
Durante la permanenza, tra cene di alto livello appena degnate dagli invitati troppo impegnati a discorrere tra di loro, si rifletterà e parlerà del bene e del male, e quindi di Dio e dell'Anticristo, del progresso economico, della moralità che le nuove conquiste appannaggio di una società industriale sulla strada di nuove plateali conquiste tecnologiche, apporteranno a beneficio di una classe economica e politica non sempre lungimirante a favore delle classi più umili, stratificate alla base di una piramide sempre più sottile e stratificata verso l'alto.
Lungo i circa duecento minuti che si manifestano come un affascinante e misterioso macigno di parole tra salotti e tavole finemente imbandite, con piccoli intervalli a disposizione di carrellate affascinanti su pianori innevati e cristallizzati dal gelo, si consuma la presa di coscienza della fragilità umana, che intuisce la sua inevitabile pochezza e la sua famigerata volontà di sopraffazione dell'avversario, ma senza scomodarsi a sconvolgere un corso storico ove la massa impotente finisce per subire i desideri e le volontà di un ceto privilegiato ed eletto, che mira a sostenerlo per quel minimo indispensabile ad assicurarne e tutelarne le propri3e singole ed esclusive fortune.
Tratto da "I tre dialoghi", opera del filosofo cristiano russo Vladimir Sergeevic Solov'ev, il film segna il passaggio dall'800 al secolo successivo, ma disegna il tratto di una società che potrebbe adattarsi ad ogni periodo storico, sia passato che futuro.
E se i discorsi, quasi sempre in un aristocratico francese che soppianta il russo proprio per coerenza ad una Europa vista dai margini orientali che in essa si riconoscono orgogliosamente e tenacemente al di là di ogni barriera fisica o politica, sono inappuntabili quando si prende in considerazione la tutela delle classi inferiori e il benessere della collettività, dall'altro coloro che più apertamente si dispongono per questa apertura alla complicità d benessere verso i ceti più esposti alle asprezze della vita, dall'altro ci si crogiola capricciosi e quasi insensibili ai servigi di una schiera di servitori inappuntabili, gli stessi che si prodigano per pulire, lavare nutrire e rivestire un padrone di casa seriamente compromesso nel fisico e, nonostante ciò, disposto a tutto pur di far trascorrere negli agi la permanenza ai propri ospiti, tutti assai solerti e tenaci nel predisporsi a manifestare il proprio assai articolato e ben esposto punto di vista.
Puiu, alle prese con la sua prima trasposizione storica della propria carriera di ormai affermato regista, si cimenta in un sontuoso dramma ove la macchia da presa alterna meditate carrellate tra le stanze e i corridoi della splendida e lussuosa dacia che ospita i nostri ospiti, con la fissità di pose a tutto campo in cui si dipanano le lunghe speculazioni degli arditi e loquaci protagonisti, tutti propensi a dare una loro opinione meditata e concettualmente inappuntabile a proposito di un'Europa minata da una ipotetica presenza di un Anticristo che si traduce in una minaccia per il pensiero occidentale imperniato sul profitto e sullo sfruttamento di massa.
Ne deriva un affascinante "macigno di parole", uno studiatissimo ed eloquente concentrato di speculazioni sul bene e sul male che si sposta fino ai quesiti-chiave verso i quali l'uomo da sempre ambisce ad ottenere una risposta che risulti convincente e autorevole.
Infinito, a tratti spossante, quasi sempre comunque affascinante anche per la dimensione di attesa in qualche modo trepidante di eventi a cui sottopone lo spettatore, lento e pietrificato ad eccezione di un unico momento di azione, convulsa e concitata, a metà percorso, in corrispondenza di un malessere accusato senza preavviso da una delle commensali, che dà adito ad una tensione inaspettata in grado di creare un sussulto puro, quasi assistessimo ad un improvviso, incontenibile moto di rivolta popolare che allarma più per il fragore procurato che per gli effetti intrinseci manifestati, Malmkrog- presentato nella sezione Encounters della Berlinale nr. 70 - scorre in tutto il suo corso in modo solenne, lento e placido come un fiume incessante che può far conto sul suo letto imponente, costruito sui parole solenni e disquisizioni illustri, talvolta pure sublimi, assecondando un bacino strutturale imponente, degno di una produzione di Tarkowski, coerente alla situazione anche per contesto ed equilibrio geografico.
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