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L'ombra della violenza

Regia di Nick Rowland vedi scheda film

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La recensione su L'ombra della violenza

di leporello
7 stelle

   Douglas “Arm” Armstrong (Cosmo Jarvis) è un ex promettente pugile dilettante al servizio (e al soldo) di una famiglia malavitosa irlandese. Il rampollo della famiglia dei Devers, Dympna (Barry Keoghan), nipote dei due boss (il pacato Hector e lo spietato Paudi) e figlio di un terzo fratello deceduto, è amico e sodale di Arm, e condivide con lui sbornie, scorribande, tiri di coca e l’espletamento di modesti “incarichi” avuti dai capi. Al corpulento Arm, il suo amico affida il compito di dare una lezione a un tal Fannigan, resosi colpevole, a detta dei boss, di aver cercato di abusare sessualmente di una nipotina appena diciottenne durante una festa particolarmente alcolica. Assolto egregiamente al compito, la coppia di amici riceve però un’ulteriore ordine dall’alto: Paudi, evidentemente non pago, incarica il nipote di procedere radicalmente, eliminando dalla scena il malcapitato Fannigan. Ma per il giovane malavitoso e il suo “gigante” è la prima volta in cui si trovano a dover uccidere qualcuno, e la difficoltà con cui si apprestano ad eseguire le indiscutibili volontà dei capi dà l’innesco alla vicenda principale del film.

   A questa si intreccia la vicenda privata di Arm, che lo vede alle prese con l’ex compagna Ursula (Niamh Algar) e il loro figlioletto Jack, un bimbo di pochi anni affetto da disturbi comportamentali che lo portano, tra le altre cose, al rifiuto di comunicare verbalmente. Tra un giro al luna park e una lezione di pet terapy a cavallo (da cui il titolo del film), la coppia cerca, ognuno a modo suo e per come può, di aiutare il piccolo Jack, intanto che Ursula sta cercando di inserirlo in una nuova e costosa scuola per bambini con ritardi cognitivi.

 

   E’ la seconda volta che vedo all’opera Cosmo Jarvis, e per la mia limitata possibilità statistica pare proprio che costui sia destinato al ruolo del “duro-ma-buono”: come già nell’ottimo “Nocturnal” di Nathalie Biancheri, anche nel ruolo del film di Nick Rowland il ragazzotto in questione nasconde forzatamente nell’arrabbiata corazza di un uomo di poche parole e di fatti concreti il cuore generoso di chi è ancora alla ricerca di una “via dell’amore” che non ha saputo (complici i casi di una vita difficile) ancora trovare.
Devo però rilevare che, se la regia “scura” della Biancheri,  le sue inquadrature mai esplicite, nervose ed elusive avevano agevolato il compito dell’attore, il bravo Jarvis diretto con mano più classica e canonica lascia trasparire qualche difetto piuttosto grossolano (nel finale, la lunga telefonata con la sua ex compagna alla quale lei partecipa solo con la voce, risulta essere quasi impietosa...).
Mi soffermo sull’attore protagonista perché anche in questo caso il film si appoggia quasi interamente su costui, anche se Rowland affianca ad Arm una serie di personaggi di una certa rilevanza.

 

   In generale, lo valuto un buon film, una bella sceneggiatura, un buon ritmo con una discreta tensione emotiva. Si perde un due o tre occasioni in cui si attarda inutilmente a cercare qualcosa di divertente, o quando eccede sul tono mieloso, oppure, come nella scena dell’inseguimento in auto tra Paudi e Arm, quando ricorre a tecniche di ripresa troppo simile ad un qualche vecchio videogioco da bar stile anni ottanta.

Ma tutto è comunque ben amalgamato e reso gradevole da una trama convincente e da una prova complessiva del cast (sbavature di Jarvis a parte...) più che dignitosa.

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