Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Rivisto dopo parecchi anni di distanza, "La grande abbuffata" non mi ha più lasciato quel senso di nausea ma piuttosto la vaga sensazione di un eccesso fine a se stesso, il paradosso estremo e controverso di un film destinato inevitabilmente ad essere amato o disprezzato senza riserve (come avvenne alla sua presentazione, a dire il vero negli impegnati anni '70 dove sembrò eccessivamente nichilista). Tuttavia, con un certo necessario distacco, va dato atto a Ferreri di aver saputo ben amalgamare eros e thanatos nella voluta autodistruzione dei quattro protagonisti, attanagliati nel loro suicidio culinario e (ma solo a tratti) sessuale, in una spirale dove sarà solo una donna, con il suo saggio disinganno, a superare ogni deriva. Un film che sicuramente non lascia indifferenti, e che ha il pregio di essere senza tempo, anzi quasi un precursore in anni in cui la cucina sembra diventata uno dei temi principali di discussione e trasmissioni televisive e che allora solo Soldati con il suo "Viaggio lungo il Po" aveva iniziato a sdoganare (non è casuale che Tognazzi dia qui il meglio di sè, da autentico amante del cucinare e del buon mangiare).
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