Regia di Ron Howard vedi scheda film
Sono sempre stata affascinata dalla figura di Pavarotti, senza saperne mai spiegare il motivo, senza conoscere la sua storia davvero, senza aver mai veramente vissuto la sua musica. Così, quando alla scorsa Festa del Cinema di Roma ho avuto la possibilità di vedere il documentario di Ron Howard, pur intimorita dal genere scelto per raccontare le gesta di questo eroe nazionale, mi sono accomodata in sala.
Con mio sommo stupore mi sono ritrovata a vedere qualcosa di molto più piacevole rispetto a quello che avevo immaginato. La scelta di raccontare la carriera del tenore, intervallandola con la vita privata, rende la visione meno pesante. Entrambe gli aspetti vengono raccontati nella misura opportuna e nessuno dei due sovrasta mai l’altro.
L’uomo, l’artista, il padre e marito, ogni elemento emozionale e non, finisce per arricchire il quadro che Howard dipinge con accuratezza e stima. Pavarotti era ed è molto di più di quello che si può credere. La sua umanità, la voglia di vivere che attraversava il suo corpo e la sua anima, erano inarrestabili.
Il rapporto con l’universo femminile, Pavarotti era circondato costantemente da donne, aveva quattro figlie e due mogli, cresciuto unico maschio in una famiglia al femminile, era attratto da quel mondo dal quale si sentiva coccolato e protetto.
Ron Howard dirige un documentario degno di una biografia, raccoglie interviste e materiali di repertorio, lo lascia rivivere in scena e nei ricordi delle persone che lo hanno voluto bene. Forse estremamente buonista, per il modo delizioso con cui finisce per raccontare anche i momenti un tantino più oscuri della sua vita, come il divorzio dalla prima moglie Adua e il conseguente rapporto con Nicoletta Mantovani, più giovane di 34 anni, ma senz’altro un’opera degna del personaggio che racconta.
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