Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Togliersi dalla testa le immagini, le musiche e gli interpreti de “Le avventure di Pinocchio” di Comencini non è cosa facile, anzi è praticamente impossibile. Stiamo parlando di “immaginario collettivo”, di rimuovere una parte importante della nostra memoria e dell’infanzia. Eppure il Pinocchio di Matteo Garrone sa posizionarsi in un gradino molto alto tra le versioni cinematografiche tratte dal libro di Carlo Collodi. L’autore di “Gomorra” e “Il racconto dei racconti” applica tutti i riferimenti letterari, psicanalitici ed esoterici del romanzo di Carlo Lorenzini, aggiungendovi il suo tocco di originalità. Come la favola offre diverse chiavi di lettura, anche la pellicola è principalmente romanzo di formazione morale di un burattino che diventa bambino ma che al contempo acquisisce maturità, fa da guida al suo Geppetto, il suo padre/creatore.
Pinocchio (2019): locandina
Garrone gira un fantasy con tutte le figure antropomorfiche previste: figure dotate di coscienza. La differenza col capolavoro Comenciniano sta nell’infondere ottimismo, la dimensione favolistica prevale, dopo le batoste c’è il premio della vita e non tutti i personaggi sono completamente negativi: hanno un lato positivo e un risvolto umano (Mangiafuoco per esempio). In Comencini preponderava una certa durezza degli eventi nel cammino di Pinocchio (un cammino di liberazione e redenzione, alla fin fine) e la ferocia delle prove da superare. Qui gli ostacoli ci sono ma questo burattino di legno sa fare esperienza degli errori o meglio cade nelle facili tentazioni sapendosi risollevare grazie alla Fata Turchina, l’anima. Il Gatto e la Volpe pensano a sbarcare il lunario spizzicando e ingannando. L’omino di burro è subdolo dietro il rassicurante sorriso, Lucignolo è un discolo immaturo, il direttore del circo pensa cinicamente al suo spettacolo, il maestro sa solo bacchettare ed esercitare l’autorità repressiva ma non insegnare né educare. Mangiafuoco sa commuoversi, nonostante tenga i fili dei burattini. Non sa domare il burattino senza fili (la libertà). La doppia Fata Turchina sa perdonare e donare serenità. Il Grillo parlante un piccolo profeta. Il Giudice una scimmia buffa e schietta che condanna gli innocenti e assolve i colpevoli. Geppetto povero e smarrito. Il finale con Pinocchio finalmente bambino commuove per l’abbraccio paterno e per il messaggio di speranza universale.
Garrone gira un’opera stupenda, fantasiosa e aderente all’originale, ricca e spettacolare. Attuale nel lanciare messaggi al tempo che viviamo. Il reparto recitativo è di prim’ordine, da un inedito e contenuto Roberto Benigni al piccolo Federico Ielapi, Massimo Ceccherini (anche sceneggiatore) e Rocco Papaleo, all’ottimo Teco Celio e Davide Marotta, ai rari Enzo Vetrano e Nino Scardina. Musiche non originali (già sentite) di Dario Marianelli.
Pinocchio (2019): Federico Ielapi, Roberto Benigni
Pinocchio (2019): Federico Ielapi, Matteo Garrone
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Come ho scritto nelle mie opinioni sul film, Garrone si conferma un grande autore perché difficilmente sgarra con la rappresentazione per immagini delle storie che intende raccontare. E' uno dei miei autori prediletti ormai. Ma qui non mi ha convinto appieno. Ritengo che manchi la meraviglia in questo film. Perciò dico, che anche se non mi è dispiaciuto, non è proprio riuscito ad emozionarmi. Ciao Antonello
Ciao Peppe, come ho scritto in apertura il Pinocchio di Comencini è un modello irraggiungibile, anche emozionale. A mio avviso Garrone ha accarezzato la poesia in diversi passaggi, suscitare emozioni autentiche forse è stato più complesso. Grazie, un saluto
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