Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Il Pinocchio di Garrone vuol'essere una fiaba italica, fatta di regionalismi e caratteri "felliniani", poetico sino ad un certo punto...la tecnica si mangia la storia...
Più film di "corpo" che "anima" questo Pinocchio "neonoir" di Garrone che prende in prestito il romanzo di Collodi rimanendoli fedele,aggiungendo però quell'atmosfera malsana e rarefatta delle periferie a lui tanto care.Il suo Pinocchio diviene cosi' una materia derivativa che guarda alla sua filmografia ,senza disdegnare il maestro Fellini ed in parte a quella poetica così tanto "sgarrupata" e "naif" del leggendario serial di Comencini.Cito senza voler cadere in blasfemia autori come Fellini o Comencini, ma alcuni passaggi ricordano il celebre borgo di "AMARCORD", emblematica è la scena della lezione a scuola "sui ceci", dove Garrone da bravissimo artigiano di "facce" si serve di un caratterista che ricorda la vis e i gesti dei maestri felliniani del borgo riminese.Un film di "facce" e caratteri rurali,componenti una staticità teatrale di pura matrice pittorica.Le pagine di questo film ci trasportano dunque in una lettura dove regna un flusso teatrale dell'immagine, che si fa statica,a tratti noir, servendosi di un corollario di facce vizze e decrepite,una corte dei miracoli che circonda il discolo Pinocchio, restituendoci un enfasi quasi "museale" ,disperdendo però l'anima della storia e del racconto.Un rischio che forse Garrone da autore di cinema affermato aveva calcolato,cercando di non insistere sulla poetica della narrazione,ma affidandosi (e fidandosi) ai "corpi" degli attori che qui entrano ed escono dalle sue inquadrature a mò di pieces teatrale.Quello che circonda il Pinocchio "Garroniano" è una sorta di teatro ambulante fatto di figure archetipiche,un mosaico favolistico che pero' resta in superficie,raccontando la storia senza cadere nel pathos.Tralasciando l'umanita' del Geppetto di un bravo Benigni, equilibrato e mai sopra le righe,gli altri personaggi risultano estemporanei seppur funzionali al racconto.E' un peccato ad esempio vedere il mangiafuoco di un ottimo attore come Proietti,confinato ad un cameo sfugggente,come vacua ed eterea appare la fata Turchina,il duo del gatto e la volpe dei mattacchioni Ceccherini e Papaleo si rende invece insistente,cadendo a volte in un macchiettismo evanescente.Infine parlando di "corpi" attoriali si arriva al giovane Federico Ielapi,un Pinocchio imbalsamato dal trucco che suscita momenti di tenerezza,senza pero' quel dinamismo vivace e attivo del burattino di Comencini.Parlando proprio di quest'ultimo autore s'intravede in alcune scenografie rurali un po di quella sana autenticità del serial del 72,qui pero' liftata ed edulcorata per esigenze di immagine.Se il leggendario serial del 72 seduceva lo spettatore colpendo al Cuore e alla pancia,qui si viene sedotti nella testa,rimanendo affascinati dal flusso pittorico dell'immagine che ricorda il realismo ottocentesco dei macchiaioli.Una ricostruzione manichea degli ambienti dunque,affidata molto ad regionalismo che s'intravede in alcuni caratteri,che donano un tocco pittoresco alla pellicola.Credo che Garrone si sia assunto la responsabilità e il coraggio di rimanere fedele ad un estetica forte e ad un film non per tutti i gusti.Un impresa non facile la sua,anche perchè è arduo trattare una materia filologica come quella di un romanzo di cui è stato scritto,detto e filmato tutto,il regista ha sempre ribadito la bontà di un opera rivolta ad un pubblico di bambini,seppur in alcune licenze "noir" come la macabra impiccagione, il suo film rimane adagiato su una superficie dell'immagine tecnicamente eccelsa ,che pero' parla un linguaggio di superficie senza mai svoltare verso una vera e propria riflessione didattica.La storia infatti segue il filo del racconto di Collodi,senza quasi mai cadere in metafore riflessive sul valore educativo del romanzo,si rimane dunque legati ad un trionfo carnevalesco da "teatro dei burattini" dove l'immagine imprigiona la bellezza del gesto.
Tuttavia la mia non vuol essere una stroncatura,dato che il film a tratti è abbastanza godibile e vive di momenti umoristici ben costruiti,chiaro è che siamo obbligati ad un paragone con altre pellicole che hanno narrato la storia del burattino.Quella di Garrone rimane un opera fatta con una passione da artista dell'immagine,dove purtroppo manca la poesia,ed è questo il peccato piu' grande.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta