Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Questa grande favola aveva bisogno di un’emozione, di uno stupore e di un incanto che purtroppo lo sguardo realistico di Garrone non ha...
Devo cominciare con una parola molto complicata “Bildungsroman”, cioè il romanzo di formazione, un genere letterario che nasce in Europa alla fine del settecento, ha un grande successo e annovera autori molto importanti: oltre a Jean Jacques Rousseau sicuramente Goethe e poi tra gli italiani Ippolito Nievo, tra i francesi Flaubert e Stendhal…
Cos'è il romanzo di formazione?
È un racconto in cui il protagonista parte in maniera ingenua o ignorante (o addirittura stupefatta o ironica, come in “Candide” di Voltaire) e poi si evolve attraverso una serie di avventure, di peripezie, di situazioni sociali e mondane, finché acquista un'esperienza, una saggezza. Anche “Jane Eyre” di Charlotte Brontë è un romanzo di formazione, perché la protagonista acquista la capacità di conoscere il mondo e di sapere chi è e quanto vale. Anche Ippolito Nievo aveva scritto “Le confessioni di un italiano” che nell'Italia appena unita raccontava questo tipo di evoluzione.
Contemporaneamente, più o meno nel 1885, un altro italiano scrive un racconto molto interessante che comincia in maniera poco tradizionale:
“C'era una volta…”
“…un re…” diranno i miei piccoli ascoltatori.
No, c'era una volta un pezzo di legno…
Questo autore è Collodi e il racconto a cui mi riferisco è Pinocchio che tutti conosciamo.
Ci sono altri due importanti racconti di avventure di ragazzi più o meno contemporanei: David Copperfield di Charles Dickens e Le avventure di Tom Sawyer di Mark Twain. Sono entrambi di quell'epoca, ma a differenza della storia di Pinocchio, questi sono veri e propri romanzi di formazione, mentre Pinocchio, invece, è una favola, una grande straordinaria favola, perché ha per protagonista un bambino, un bambino che in realtà non è un bambino, ma un burattino. Esattamente quello che Carlo Lorenzini, detto Carlo Collodi, descrive e racconta.
È una storia con caratteristiche molto particolari, profondamente radicata nell'immaginario collettivo dapprima italiano e poi in quello di tutto il mondo, perché a differenza degli altri romanzi di formazione, questa ha caratteristiche quasi esoteriche che affondano nel mito.
Infatti, nella favola Pinocchio muore e rinasce subito dopo aver incontrato una bambina, la Fata dai capelli turchini che rifiuta di ospitarlo perché è morta. L'aggettivo turchino è tipicamente italiano ed è riferito ad un marmo con sfumature di violetto e cobalto molto intenso, proveniente da una città della Mauritania chiamata Turco. Quindi, è un colore molto esotico e raro. Anche un autore tedesco contemporaneo di Goethe definiva la Poesia proprio un fiore di quel colore. Qualcosa di misterioso ed esoterico, adatto alla storia di Pinocchio, la storia di qualcuno che vuole avere un'anima.
Cos'è infatti quel burattino, se non un pezzo di legno che cerca di vivere, di essere animato e di avere una coscienza di sé?
Questo è il mito, ma queste caratteristiche esoteriche non sono quelle di un racconto scritto, ma come specifica lo stesso Collodi, sono quelle di una fiaba.
Fiaba viene dal latino “far, faris” cioè parlare, raccontare, ma anche rappresentare.
La famosa frase dell’imperatore Augusto prima di morire “Acta est fabula” significa “La rappresentazione è finita”. Quindi una favola rappresenta qualcosa, è un racconto che si anima attraverso una serie di vicende e ha bisogno di una tradizione orale, come se fosse trasmesso da un maestro ad un allievo. Per questo in tutte le favole troviamo qualcuno che legge, qualcuno che racconta e tutti quanti in circolo ascoltano.
Ho fatto tutta questa lunga premessa per descrivere come Pinocchio abbia una componente magica, una componente emozionale e suggestiva attraverso tutti i suoi personaggi: la Fata Turchina, la Lumaca, Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, la Balena e lo straordinario Geppetto, che è il prototipo di ogni papà amoroso.
Anche Roberto Benigni nella conferenza stampa ha sottolineato che lui è simile, senza essere blasfemi, ad un altro famoso padre putativo San Giuseppe anche lui falegname e questa eè una delle interpretazioni dell'esoterismo cristiano, addirittura con l'autorevole apporto del cardinal Biffi, che parla di una situazione cristiana proprio all'interno del racconto.
Ma c'è anche una interpretazione puramente esoterica. Si dice, infatti, che Lorenzini fosse un massone e quindi Pinocchio racconterebbe proprio un'iniziazione dal punto di vista più spirituale della massoneria.
Tutte queste interpretazioni sono possibili proprio perché fondando nel mito, la favola permette una serie di elaborazioni e di suggestioni radicate nel nostro immaginario: se qualcuno è orrendo, brutto e fa paura sembra davvero un Mangiafuoco e se una ragazza ci incanta, l'archetipo è quello della Fata Turchina che ci ha incantato da bambini…
Una fata che è tutta l'evoluzione della donna, dalla figura della sorellina fino a quella materna che ti prende e ti stringe e tu con l'amore riesci a circoscriverla e finalmente ad averla.
Tutto questo doveva essere e speravo che fosse nel film di Matteo Garrone, regista che ho apprezzato ed ammirato per “L'imbalsamatore”, per “Dogman” e per “Gomorra”, ma che però non ho apprezzato per “Il racconto dei racconti” e purtroppo neanche per “Pinocchio” dove manca proprio la componente di favola, manca proprio il mito, che lui traduce e trasforma in una specie di horror noir, in una favola gotica in cui anche la fotografia ha un inizio quasi fosco e disperato e poi mano a mano si apre.
Ma la perfida tenerezza di “Dogman” o lo struggente spaesamento de “L'imbalsamatore” o la rabbia disperata di “Gomorra” mancano, perché la favola non ha bisogno solo di un approccio realistico, ma anche di un filtro spirituale che deve essere sfumato e molto attento.
Non è possibile rappresentare la favola con crudo realismo.
Nel momento in cui la favola si traduce come emozione deve essere leggera, suggestiva…
Se vi interessa la videorecensione completa potete trovarla qui:
Http://bit.ly/PINOCCHIO_
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