Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
"Hammamet" mostra la trasformazione di un dio in un essere umano, l'immortale che diventa mortale. L'ultimo, impegnativo, Amelio, è un film sull'uomo Bettino Craxi, molto prima che sul politico. Dopo averlo visto, ritengo del tutto inappropriate le critiche per un fantomatico "revisionismo" perpetrato dal regista calabrese, visto che è una pellicola sulla decomposizione, politica e umana, di un intero paese. Amelio non cambia il suo stile, sempre elegante, rigoroso: questo è Cinema altissimo e lui rimane, per me, il miglior regista italiano vivente. Si avvale di un Favino ancora una volta straordinario, in una nemesi perfetta di Craxi, grazie a un trucco di grande efficacia, che si porta in giro tutta la fatica di questo essere umano, autoconfinatosi in una villa dorata, protetto dall'esercito tunisino come un narcos e destinato a una fine solitaria, come storicamente succede solo ai dittatori. Semmai, attorno a lui, non mi sembra di aver goduto di recitazioni all'altezza o, forse, è così forte l'ombra proiettata dall'attore romano, che gli altri sbiadiscono. Ho amato molto la pacatezza con cui il regista racconta gli ultimi tempi del socialista, non ci sono strilli, esagerazioni, e solo nel finale scivola un poco in un Cinema non del tutto suo, quasi felliniano o, peggio, molto peggio, alla Sorrentino. Ribadisco che è un film complesso e coraggioso, di non facile fruizione, ma che ha una forza strepitosa proprio in quei dettagli che in genere vengono trascurati dal Cinema qualunque. "Hammamet" non è un film qualunque, è un film universale che solo casualmente inizia dalle ultime vicende della cosiddetta "prima Repubblica": è un film sul rimpianto, sulla vecchiaia, sulla solitudine e sul disincanto. Poco m'importa, sinceramente, d'altro, delle figurine che entrano ed escono dal film, a volte senza un senso preciso, delle polemiche che lo hanno arroventato. Amelio fa solo film tremendamente umani e Dio solo sa quanto, la vita di oggi, abbia bisogno d'umanità.
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