Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Credo di non aver compreso l'ultimo film di Gianni Amelio. Se ancora adesso continuo a chiedermi tante cose e a queste molte domande non riesco a dare una risposta, credo che il motivo sia da attribuire non tanto a ciò che racconta ma al modo in cui decide di farlo.
Non riesco a capire il perché della volontà di raccontare, in modo peraltro estremamente prolisso, quelli che sono gli ultimi anni di vita di Craxi, quel Bettino che ha un escursus politico talmente ampio e intenso che ci si potrebbe tirare fuori una serie tv.
Invece no, Amelio decide di concentrare l'attenzione sul periodo in cui il politico, si esilia in Tunisia, precisamente ad Hammamet, da cui appunto il titolo, per sfuggire alla legge italiana dopo Tangentopoli. Attraverso il personaggio di Fausto, figlio unico dell'unico vero amico di Bettino Vincenzo Sartori, Amelio ci permette di gurdare dentro Craxi; pregno di politica, unico sentimento che sembra provare, e di affetto sincero verso la figlia Anita e il nipotino, Craxi sembra essere un uomo degno del suo operato e non intenzionato a fare un passo indietro.
Le storie che si intrecciano, che tentano di intrecciarsi con la sua, sembrano superficiali e prive di carisma. Con la convinzione che i dialoghi, per quanto scarni, siano stati scritti da un creatore di fumetti, colpa (forse) anche di interpretazione a dir poco indecenti, l'unica cosa che salvo di tutto ciò che ho visto è Pierfrancesco Favino.
Favino, ancora una volta, si dimostra degno della stima che tutti sembrano rivolgergli. Considerato, giustamente, uno degli attori più talentuosi del (nostro) cinema contemporaneo, è stato capace di far rivivere Craxi in ogni sguardo, in ogni gesto, in ogni fase pronunciata ma, vero anche che, tolto lui, resta davvero il nulla.
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